Alle volte sembra difficile trovare le parole giuste per poter meglio rappresentare, descrivere e far conoscere agli altri una persona che ha lasciato in noi un segno indelebile nella sua vita e, stranamente, ma non così tanto come possa apparire, oggi questo mi succede con una persona che non conosco personalmente e che si chiama Steve Jobs, un genio che lascia nella vita di tutti noi tantissime tracce della sua esistenza, rappresentate dalle molteplici e grandi invenzioni su cui mai si è finito di parlare e scrivere e mai si finirà di farlo grazie all’utilizzo pratico e quotidiano di esse.
Pensando a Steve mi vengono in mente principalmente una frase e una riflessione che oggi sembrano calzare a pennello sulla sua figura e sul destino dei grandi personaggi come lui. La prima che mi è venuta in mente è la celebre frase di Moravia al funerale di Pier Paolo Pasolini: “Di poeti ne nascono uno ogni 100 anni“. Ebbene, anche se Steve non è certamente un poeta, è possibile “riadattare” questa famosa citazione ai giorni d’oggi e affermare che di geni della sua portata ce ne vengono regalati talmente raramente che quando abbiamo la fortuna di vivere nello stesso periodo storico è necessario imparare tanto da loro, e lui in questo è stato davvero un maestro formidabile che ci ha insegnato molto a partire dalla sua vita e, subito dopo, da ciò che ci ha lasciato in eredità. Basterebbe infatti leggere la sua biografia sin dall’inizio (cioè dal momento in cui Steve era solo un neonato in cerca di adozione) per avere la sensazione di trovarci di fronte a una trama di un film e per farci comprendere fino in fondo la caparbietà e la fatica che lui ha ha dovuto mettere per arrivare a realizzare quelli che erano all’apparenza solo sogni e visioni e che poi, con il tempo, sono diventate delle vere e proprie invenzioni che tutti noi oggi utilizziamo e di cui non possiamo farne a meno. E (triste casualità!) è proprio grazie a queste sue creazioni che questa mattina sono venuto a conoscenza della sua scomparsa ed è grazie ad esse che ora posso scrivere questo articolo. Questi oggetti, oggi divenuti di uso quotidiano, sono ora qui accanto a me e sono due strumenti di lavoro o divertimento creati dalla sua stessa inventiva e da cui oggi milioni di persone che li possiedono non possono prescindere: il MacBook e l’iPhone, rivoluzioni silenziose che, assieme a tante altre, in punta di piedi, sono entrate nella nostra vita e difficilmente ne usciranno presto.
La mia altra personale riflessione, invece, riguarda il fatto stesso della brevità della vita che ha contraddistinto tutte le più grandi personalità in qualsiasi secolo della storia. Questo purtroppo è stato, fin dalle notte dei tempi, l’infausto destino di coloro che hanno cercato di cambiare la storia e rivoluzionare il mondo attraverso le loro idee. Lo stesso Steve era conscio di questo come dimostra l’indimenticabile discorso tenuto a Stanford nel 2005 davanti ad una platea gremita di universitari in cui ripercorre tutta la sua vita sin dalla nascita, partendo dal desiderio dei suoi genitori naturali di affidarlo ad una famiglia di laureati perché potessero mantenerlo agli studi e fargli frequentare il college abbandonato solo dopo pochi mesi per poter seguire solamente i corsi che più gli interessassero come quello di calligrafia che, per sua stessa ammissione, sembrava all’epoca del tutto inutile rivelandosi però, in seguito, la scelta migliore della sua vita, come da lui stesso affermato, in quanto gli permise, dieci anni dopo, di creare il primo Macintosh, il primo computer dotato di capacità tipografiche evolute da cui poi fecero seguito tutte le altre memorabili sue creazioni. È significante e ammirevole allo stesso tempo, inoltre, il fatto che Steve già sei anni prima della sua morte sapesse, in un certo senso, che il male contro cui stava combattendo lo avrebbe un giorno portato via e che, ciononostante, abbia portato fino all’ultimo avanti il suo sogno: la Apple, azienda nata in un garage di Cupertino e divenuta poi una delle maggiori al mondo nonché il brand più conosciuto nel pianeta. Egli infatti sapeva già all’epoca che il tempo sarebbe stato breve e inesorabile come ricorda la frase di congedo al pubblico di Stanford: “Stay Hungry. Stay Foolish’, siate affamati, siate folli.” Questo è stato il suo messaggio di congedo attraverso il quale invitava tutti noi a non inseguire le convenzioni ma a portare avanti le proprie idee, ed è forse proprio questa sua filosofia di vita che lo renderà per sempre indimenticabile nel cuore di tutti noi e anche ai non appassionati di tecnologia. Con questa breve riflessione ho cercato di “annodare i puntini della sua vita” come dice lui stesso nell’introduzione al discorso di Stanford e, sperando di essere almeno riuscito a trasmettervi ciò che mi ha lasciato, vi ripropongo integralmente questo celebre discorso in video nonché la versione testuale dello stesso tradotta in italiano.
Augurandovi di essere affamati e folli, abbraccio idealmente tutti i familiari di Steve in questo momento di grande sconforto e tristezza.
Ciao Steve!