Microsoft guadagnerà più di 1 miliardo di dollari da Android

L’anno scorso Google aveva dichiarato che Android era un business  dal valore di un miliardo di dollari (di pubblicità). Oggi arriva la notizia che quella stessa cifra, dopo un anno, sarebbe il guadagno reale di Microsoft per l’utilizzo dei suoi brevetti sugli apparecchi Android. Sembra quasi che Redmond si diverta a comunicare, di tanto in tanto, i nomi delle aziende che pagano Microsoft. La cifra raccolta dai brevetti utilizzati da Android è molto più grande di quella che Microsoft guadagna dai cellulari con installato Windows Phone.

La lista dei sostenitori delle casse di Microsoft si aggiorna oggi con l’aggiunta di Samsung, primo produttore mondiale di smartphone con sistema Android. E se Htc paga 5 dollari per ogni smartphone venduto, i coreani starebbero trattando per un accordo sui 10 dollari, contro i 15 richiesti daglii americani.

Google ha recentemente dichiarato di aver raggiunto 500 mila attivazioni giornaliere di smartphone, cifra grazie alla quale gli esperti del settore quantificano i guadagni derivati a Microsoft intorno ai 912 milioni di dollari, ammesso che tutti paghino la stessa cifra concordata con Htc (la quale ha già sborsato 150 milioni di dollari quest’anno). I 5 dollari che pagano i taiwanesi sono una cifra di favore concessa da Redmond, lasciando intendere un futuro accordo per l’installazione di Windows Phone sui telefoni made in Taiwan.

Le aziende che hanno una licenza Android sono 36, per un totale di 310 modelli differenti di smartphone presenti sul  mercato. Il libro-paga di Microsoft dovrebbe quindi contare 36 capitoli, con relative voce di scadenze e di pagamenti. La cifra di 912 milioni di dollari parrebbe, addirittura, essere molto più bassa di quella reale. E la voce Android potrebbe risultare in terza posizione nelle voci di bilancio della Microsoft, dopo Windows e Office. Android è, a tutti gli effetti, un grande e silenzioso affare per Microsoft !

Se Samsung riuscisse a strappare un accordo per la cifra di 10 dollari per ogni installazione, quest’anno dovrebbe staccare un assegno a Microsoft di 200 milioni di dollari per il solo modello Galaxy S II. Ma Microsoft potrebbe spingere i coreani a un accordo più mite, minacciando la richiesta di 15$ dollari a licenza, o la possibilità di installare anche Windows Phone sui prossimi telefoni Samsung, concedendo uno sconto sui diritti dei brevetti da pagare. E, siccome Google ha scelto Motorola, Samsung potrebbe ritornare a Microsoft come il finale positivo di una bella fiaba.

Ad oggi si conoscono ufficialmente gli accordi commerciali tra Redmond e  General Dynamics Itronix , Wistron, Velocity Micro, e Okyo. Gli altri accordi rimangono privati e non ufficiali, con Microsoft che preferisce far valere le sue ragioni senza mettere troppo sotto i riflettori i guadagni che derivano dal successo di un prodotto concorrente. Guadagni che non vengono, quindi, comunicati nel loro valore esatto per molte ragioni di convenienza.

Microsoft non ha vinto tutte le battaglie sui brevetti e, ancora oggi, è in causa con Motorola e Barnes & Noble. Una vittoria di quest’ultime potrebbe rallentare o bloccare le mire milionarie di Microsoft su Android. Ma la notizia che anche Samsung paga l’uso dei brevetti a Redmond, porterà altre aziende ad adeguarsi senza dover intraprendere battaglie legali dall’esito a loro negativo.

Nortel ha venduto quest’estate i suoi brevetti a RIM, Apple e Microsoft per una cifra complessiva di 4.5 miliardi di dollari. Google è rimasta fuori, perdendo di fatto l’asta estiva e l’uso di quei preziosi brevetti, con conseguenti problemi che si ripercuoteranno a breve.

La morale è che aziende competitive fino pochi anni fa, oggi riescono a guadagnare cifre grossissime dal successo altrui. Un successo, però, che deriva sempre dalla storia passata, passando appunto anche per i “grandi d’un tempo”. Android non perderà slancio dalle richieste di dazi, ma diventerà un prodotto i cui costi sono da smaltire sull’utente finale e sarà ancora meno open di quanto si è fatto credere fino ad oggi.

 

 

Fonte: businessweek

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