Ogni 10 anni un terremoto si abbatte sui produttori di cellulari: chi sopravviverà al prossimo?

Nel 1994, la maggior parte delle case produttrici di telefoni cellulari con ambizioni globali scomparve o si limitò a vendere dispositivi nei propri mercati nazionali. Lo stesso è accaduto più o meno nel 2003, con la crisi di altre case di telefonia mobile. E oggi, nel 2013, secondo CultOfMac ci stiamo avvicinando ad un altro terremoto nel mercato dei telefoni cellulari, terremoto che porterà alla “distruzione” di altri produttori. Saranno pochi, pochissimi, quelli che riusciranno a sopravvivere.

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Nel periodo 1993-1995, il primo terremoto fu innescato dal passaggio dalle reti analogiche a quelle digitali (GSM, TDMA, CDMA). La maggior parte dei produttori di telefoni cellulari furono colti di sorpresa  e molti non riuscirono a rimanere a passo con i tempi, visto che avevano investito enormi somme di denaro nello sviluppo delle reti analogiche. Aziende come IBM, Benefon, Blaupunkt e OKI semplicemente non riuscirono a gestire questo rapido cambiamento.

Ad esempio, il Simon della IBM era un telefono incredibilmente all’avanguardia nel 1992, grazie al touchscreen (esatto!) e a funzioni proprie di un Fax.

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Anche il telefono cellulare Beta della Benefon aveva un display molto buono, godeva di un’autonomia di quattro giorni e aveva 99 locazioni di memoria. Funzioni eccezionali per quegli anni!

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Entrambi (come tanti altri) però  furono però spazzati via dalla concorrenza che, invece, era riuscita a caripre in tempo le potenzialità del GSM. Ed ecco che arrivarono sul mercato della telefonia aziende come  Motorola, Nokia ed Ericsson.

Ben presto, l’80% del mercato globale dei telefoni cellulari venne controllato dai tre Big appena elencati. Poi, alla fine degli anni ’90 arrivarono nuovi concorrenti: Siemens, Alcatel, Sagem, Philips, Mitsubishi, Samsung, NEC e non solo. Dopo un periodo di stanca tra il 2001 e il 2003, molti credevano che i volumi della telefonia mobile non sarebbero mai potuti crescere oltre il 6% annuo, ma l’arrivo di nuovi modelli, la tecnologia a colori per i display e l’ingresso del 3G nel 2004 hanno radicalmente cambiato le cose. Da quell’anno in poi sono entrati prepotentemente nel mercato mobile colossi quali Apple, LG, HTC, Huawei e ZTE. Tale ingresso ha messo in crisi alcune aziende enunciate prima, quali Siemens, Alcatel e NEC, le quali non riuscirono ad aggiornare per tempo i propri terminali. Pochi, davvero pochi, sono sopravvissuti.

E ora potremmo essere alla vigilia di un nuovo terremoto.

L’industria della telefonia cellulare pulsa come un’ameba e il numero di fornitori si contrae e si espande in cicli decennali. Il primo boom ci fu alla fine degli anni ’80, poi negli anni ’90, ancora nei primi anni del nuovo millennio e ora… nel 2013. A ogni boom abbiamo assistito anche alla crisi di produttori che fino a qualche anno prima sembravano non dover mai scomparire dal mercato dei cellulari. Nel 1994 vi fu il crollo della telefonia analogica, il 2003 fece da spartiacque tra due periodi, dopo una crisi di vendite durata due anni, mentre il 2013-2014 potrebbe coincidere con il declino nelle vendite degli smartphone, soprattutto negli USA e in Europa dove il mercato è saturo.

Alla fine del 2011, il volume di crescita degli smartphone aveva superato il 50% a livello globale, per poi scendere al 36% nel 2012. Se la crescita rallenterà al 20% nel 2013, vorrà dire che presto i vari produttori dovranno affrontare la situazione di un mercato ormai in declino. Già nel 2012, molti mercati europei hanno fatto registrare crescite di vendita vicine allo zero e presto, con Apple e Samsung che continuano (da sole) a crescere, non ci sarà più spazio per produttori quali Nokia, BlackBerry, HTC, LG, ZTE, Sony e altri.

La maggior parte di queste società sarà costretta a fare ciò che anni fa fecero IBM, Siemens, Alcatel e NEC: limitarsi ai mercati nazionali o liquidare il reparto mobile. Una o due aziende potrebbero fare il miracolo e salvarsi, magari riuscendo a competere col duoopolio Samsung-Apple, ma per tutti gli altri sarà davvero dura. E, poi, il ciclo ricomincerà.

 

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