Come sicuramente avrà notato chi scarica le applicazioni da App Store, è sempre più diffusa una tecnica – chiamata ‘free-to-paid’ – di distribuzione delle applicazione che prevede il rilascio di due versioni dello stesso applicativo (in genere giochi): una gratuita, con funzionalità limitate, in genere distinguibile per la dicitura ‘Lite’; una a pagamento, con tutte le funzionalità. La speranza è ovviamente quella di raggiungere il grande pubblico con la versione gratuita (che rappresenta quindi una sorta di prodotto ‘civetta’) e poi convincere il maggior numero di persone ad acquistare la versione a pagamento, cioè quella che genera il ritorno economico desiderato dai developer. Ma funziona veramente così?
In realtà, questa tecnica surrogato delle licenze shareware a cui sono abituati in particolar modo gli utenti Windows, sembra non produrre gli effetti desiderati. Perchè tutti scaricano l’applicazione gratuita e ci giocano fino alla nausea e pochi (anzi, pochissimi) scaricano la versione a pagamento.
Difficile stabilire le cause. Forse è perchè l’utenza preferisce avere un’applicazione limitata piuttosto che pagarla. O forse perchè le applicazioni Lite cannibalizzano le relative versioni a pagamento, sostituendole – per quanto limitate – nell’uso quotidiano degli utenti.
Secondo un articolo pubblicato da iPhoneAtlas, Josh Anon, lo sviluppatore di FlipBook (un’applicazione per disagnare a mano libera su iPhone) ha dichiarato che se da un lato è soddisfatto per il successo della versione gratuita della sua applicazione (attualmente FlipBook è al sesto posto nella classifica delle applicazioni gratuite più scaricate), dall’altro è insoddisfatto per la bassissima conversione: meno dell’1% di chi scarica l’applicazione gratuita scarica anche quella a pagamento.