Caro Giuseppe, io non critico le scelte. Io critico il risultato. Questa sarebbe stata, su WhatsApp, la risposta che avrei inviato a Giuseppe subito dopo aver letto la sua recensione di Steve Jobs (che vi invito a leggere se ancora non l’avete fatto) ma dato che mi è stato chiesto di scrivere questa recensione, un po’ per gioco e un po’ per dare un’opinione super-partes sul nuovo film dedicato al co-fondatore di Apple da poco arrivato nelle sale, allora ecco qui la mia risposta estesa. Ho visto anche io Steve Jobs, il film, e non mi è piaciuto. Anzi, l’ho odiato… dopo essermi quasi addormentato. Vi spiego il perché.
Lungi da me ergermi ad esperto di cinema (Giuseppe lo è decisamente più di me) e lungi da me voler far sembrare questa una recensione in cui verrà sviscerato e analizzato il film sotto un profilo strettamente tecnico, la mia recensione, un po’ come per quelle che riguardano la tecnologia, si baserà sull’esperienza, in questo caso non di utilizzo ma di visione del film. Su ciò che “Steve Jobs” mi ha trasmesso, cioè molto poco. Premetto anche di non essermi documentato più del dovuto sul film che andavo a vedere. Semplicemente volevo vedere un bel film su Steve Jobs ed uscire dalla sala soddisfatto di aver pagato il biglietto. Così non è stato e ora vi racconto il motivo.
C’era qualcosa di profondamente sbagliato in Steve Jobs e lo si capisce sin dai primi minuti: un film che si apre con uno Steve intento a preparare la presentazione della sua creatura preferita, il Macintosh, che ritrae quindi l’ex CEO di Apple in un momento assolutamente intermedio della sua evoluzione come figura umana e inserita all’interno del contesto aziendale di Apple. Un momento importantissimo che, nel bene e nel male, segnerà Jobs. Si inizia quindi a descrivere il personaggio del 1984 e il suo genio dando per scontati molti avvenimenti, personali e non, che hanno formato Jobs e proprio quel suo genio che sembra essere al centro della trama, per il resto totalmente (o quasi, se si esclude il rapporto con Lisa, di cui parleremo dopo) assente.
Sorvolando su questo – perché si, sei appena entrato in sala e non si giudica un film dopo pochi minuti – il film comincia da subito a non regalare emozioni, limitandosi ad una rappresentazione buia e piatta di ciò che accadde (con le dovute fantasie della regia) dietro le quinte, in attesa che il Macintosh possa dire “Ciao!”. Un “Ciao!” che non riesce a dire a pochi minuti dalla presentazione (cosa, tra l’altro, mai accaduta) e che Jobs vuole dica a tutti i costi. In tutto ciò si inseriscono le vicende “familiari”, se possiamo chiamarle così, con Lisa sempre tra i piedi. Ad ogni presentazione – fondamentalmente ce ne sono tre nel film più una solo accennata – questa odiosissima Lisa si presenta alla corte di Jobs, talvolta accompagnata dalla madre, ex ragazza di Steve. Giuro di non essere ancora riuscito a giustificare e a trovare un senso a questa ossessiva presenza di Lisa all’interno del film se non quella di filo conduttore che ci invogliasse a non abbandonare la sala (cosa che ho visto fare durante la mia visione, mentre ascoltavo un vicino russare) in un film apparentemente senza capo ne coda? Ecco, forse si. Si spiega così. A tratti sembrava un film su tematiche sociali in materia di ricongiungimento familiare. Roba (quasi) da Rete 4, con tutto il rispetto.
In Steve Jobs tutte le scene tranne una (e mezza, forse) si svolgono rigorosamente al chiuso. Ambienti quasi sempre poco illuminati e anche molto ristretti. La dinamicità del film va dalla stanza di preparazione al corridoio, dal corridoio al backstage. Il palco neanche lo si vede, se non per pochi secondi. La sede di Apple? Ma siete matti! È un film su un tizio chiamato Steve Jobs… Non dirmi che vi aspettavate di vederlo all’interno dell’azienda che ha fondato e condotto ai vertici del Settore! Manco per sogno. Solo stanze, corridoi, backstage e palchi quando va bene. Inaccettabile. In tutto ciò abbondano lunghi, fantasiosi e spesso noiosi i dialoghi. Dialoghi tra Jobs e Lisa, tra Jobs e la sua “assistente”, tra Jobs e Wozniak (i peggiori che ci siano) tra Jobs e Sculley (gli unici sensati). Il film procede a rilento, senza sorprese. Immobile a tratti. Lo spettatore avrà per un po’ la speranza che qualcosa possa cambiare con i minuti, ma non sarà ccosì. Inquadrature e minuti sprecarti su particolari discutibili (ok, era ciò che faceva Jobs, ma questo è un dannato film!) e spesso su tematiche, relazioni e situazioni completamente astratte, ininfluenti e dipinte da zero per essere inserite nel contesto del film. Non sarà un biopic o un documentario, ma non posso accettare una forzatura romantica come quella del disegno di Lisa! È una clamorosa stortura che, purtroppo, lo spettatore medio farà sua come tante altre fantasie portate alla luce dal film.
Che dire poi della recitazione? L’unico personaggio ben caratterizzato e convincente è stato Sculley. Su questo non ci sono dubbi. Wozniak pessimo. Lo stesso Fassbender, a momenti, sembra perdere il contatto con il personaggio, Jobs, finendo per farmi chiedere, mentre ero ancora in sala, se stavo assistendo ad un film su un personaggio noto, come Steve Jobs, o sulla storia di un personaggio casuale raccontata in un film casuale. Lo so, poi, che l’aspetto estetico non è tutto… Ma fa molto! Attori così dissimili rispetto a chi cercavano di rappresentare non ne ho mai visti (perdonatemi se ancora rido, ma uno Steve Jobs palestrato con le vene visibili sulle braccia non riesco proprio a digerirlo). Insomma, tra una recitazione così e così e degli attori che per nulla ricordano le controparti reali, e davvero difficile capire di essere dinanzi ad un film che si intitola Steve Jobs e che dovrebbe raccontarci la (o comunque una) storia dell’ex CEO di Apple.
Che fine ha fatto lo Steve Jobs (bisogna dirlo) stronzo e bastardo visto in “I Pirati della Silicon Valley”? Quello che non perdonava nulla? Quello che voleva veramente battere IBM e Microsoft (qua abbiamo solo dei cenni alle guerre con la concorrenza)? Quello che aveva gli stessi scatti di ira documentati testualmente nella biografia ufficiale? Quello che maltrattava i dipendenti? Steve Jobs era anche questo. Qui abbiamo invece un Jobs che pensa e parla, pensa e parla. Ecco, arriva Woz. “Steve ti devo parlare”. Parlano. “Spegnete tutte le luci”. Le spengono. Poi arriva Lisa e fa un disegno. Fine. E si chiude con una canzone di Dylan, unica nota positiva.
Non so voi, ma io in tutto ciò non ci vedo la “rappresentazione teatrale” del genio di Jobs o al massimo la vedo (ahimè) solo nella cadenza data al film, che, come ha già raccontato Giuseppe, si divide in quattro maxi scene da 40 minuti l’una. Ma è un qualcosa di asettico, una mera caratteristica della pellicola. Per il resto ci vedo un trionfo dell’ovvio, del banale, del noioso. In alcuni momenti, poi, mi sono addirittura sentito preso in giro dal film che cercava di raccontarmi in modo fantasioso delle vicende assolutamente non veritiere e su cui si poggiava e sostava per diversi minuti il racconto. Di Steve Jobs, il film, non mi è rimasto assolutamente nulla. È un film che non rivedrò. Mi è rimasta solo la delusione per aver speso soldi e tempo per assistere ad un esempio di ciò che il cinema di oggi non deve essere. Troppo facile mascherare un problema di fondo nel film – come quello dell’assenza di una vera trama – con una presunta arte nascosta che solo in pochi riescono a vedere. D’altronde se il film è stato rapidamente rimosso da molte sale negli USA un motivo ci sarà stato.
Personalmente, tra i tre film che ci parlano di Jobs, questo è stato di gran lunga il peggiore che ho visto. Giudizio neutrale su quello del 2013 con Kutcher, la cui somiglianza con il vero Steve era impressionante e la recitazione è riuscita comunque a trasmettere qualcosa. Ma la mia prima scelta rimane “I Pirati della Silicon Valley” che, pur non essendo basato specificamente su Jobs, ritrae meglio degli altri due film ciò che è stato Steve nei suoi primi anni di vita professionale, almeno stando a ciò che è arrivato a noi con le biografie, ufficiali e non.
Steve Jobs del 2015 è tutt’altro che arte. Non prendiamoci in giro e non cerchiamo di vedere più di ciò che abbiamo effettivamente dinanzi. Steve Jobs è un film scadente sotto ogni aspetto. Racconta (male) una storia in cui la fantasia la fa da padrona e lo fa pure a ritmi lentissimi, in un contesto scenico di bassa caratura. Si risolleva solo alla fine, negli ultimi dieci minuti, ma ormai è troppo tardi, starete già desiderando i titoli di coda da due ore. Non c’è nulla da salvare in Steve Jobs, se non i soldi del biglietto per andarlo a vedere. Ma questa è solo la mia opinione.
E ora voglio dirlo anche io: Steve Jobs, quello vero, si sta rivoltando nella tomba.