Nell’ormai noto caso “San Bernardino” che vede contrapposti Apple e governo americano, l’FBI ha rilasciato un comunicato stampa che spiega come mai è stato chiesto di reimpostare la password iCloud dell’iPhone 5c di uno dei terroristi della strage.
Alcuni giorni fa, Apple ha spiegato che avrebbe potuto fornire il backup iCloud aggiornato dell’iPhone 5c incriminato, se solo l’FBI non avesse chiesto al datore di lavoro del terrorista di modificare la password del dispositivo aziendale. La risposta dell’FBI non si è fatta attendere: gli inquirenti hanno chiesto di modificare la password al fine di ottenere l’accesso all’account iCloud del sospettato, riuscendo a scaricare un backup datato 19 ottobre (circa due mesi prima dal tragico evento). L’FBI spiega che la richiesta fatta ad Apple serve a recuperare un numero maggiore di dati presenti sul telefono e che quella richiesta di reimpostare la password non incide affatto nelle procedure di recupero dati che possono essere attivate dall’azienda.
Per ragioni sconosciute, su iCloud non ci sono più backup dopo il 19 ottobre. E’ probabile che il terrorista Syed Farook abbia disabilitato la funzione o, semplicemente, che l’iPhone non si sia più collegato ad alcuna rete Wi-Fi per avviare un nuovo backup. Ovviamente, nessuno sa se i nuovi backup avrebbero svelato ulteriori dettagli utili alle indagini.
Per l’FBI, però, avere accesso fisico all’iPhone consentirebbe di carpire molti più dati e molte più informazioni rispetto a quelle contenute in un semplice backup. Per farlo, però, Apple dovrebbe creare un firmware ad-hoc con relativa backdoor, aprendo le porte a tantissimi rischi per gli utenti visto che, se un hacker entrasse in possesso di questa chiave, tutti i dispositivi mobile di Apple sarebbero a rischio di essere “spiati”. In alternativa, il governo chiede di caricare su questo iPhone 5c un firmware personalizzato che disabiliti tutte le procedure di sicurezza collegate all’immissione di codici errati, così che l’FBI possa effettuare un numero illimitato di tentativi in tempi brevi. Questa procedura, però, secondo Apple non è attuabile sugli iPhone con iOS 8 e successivi.
In queste ore è intervenuto anche il direttore dell’FBI Jim Comey, il quale ha ribadito che l’agenzia non vuole accedere ai dati di tutti gli utenti, ma vuole solo condurre un’indagine approfondita e professionale su una crimine che ha provocato la porte di 14 persone. E ancora: “Noi vogliamo semplicemente avere la possibilità, con un mandato di perquisizione, di indovinare il codice di accesso del terrorista senza che il telefono auto-distrugga i dati memorizzati sl suo interno o senza dover perdere un decennio per indovinare la password corretta. Questo è tutto. Non vogliamo eliminare la cifratura di nessun iPhone, né chiediamo di impostare una chiave master univoca per tutti i dispostivi”.
Per Comey, se Apple dovesse modificare il firmware per consentire queste operazioni non ci sarebbero rischi per il futuro, visto che non si andrebbe a creare un precedente: “Questo è un caso eccezionale, che merita procedure eccezionali. Spero che la gente ricordi ciò che è avvenuto a San Bernardino e capisca che il nostro interesse è quello di trovare la verità”.
Intanto, i parenti delle vittime di San Bernardino hanno creato una sorta di comitato che appoggia la lotta dell’FBI, con tanto di richiesta formale ad Apple di fornire tutte le informazioni in suo possesso sull’iPhone 5c del terrorista.