ARTICOLO SPONSORIZZATO – Prova a visitare l’App Store dal tuo dispositivo. Fallo adesso. Prova a renderti conto dell’incredibile varietà di applicazioni disponibili in ogni categoria possibile e immaginabile. Ogni giorno l’App Store riceve in media oltre 1.000 richieste di pubblicazione, per un totale di 1,7 milioni di applicazioni attualmente disponibili. I produttori di queste app si sono trovati di fronte ad una scelta, se pubblicarla in cambio di soldi per ammortizzare i costi iniziali (se sì, a che prezzo), oppure pubblicarla gratuitamente e monetizzare all’interno dell’app (cosa che il 73% degli sviluppatori fa abitualmente). Pubblicare un’app a pagamento è una scelta rischiosa, basata sul presupposto che il consumatore dia valore a quel prodotto nonostante sia probabile che esistano alternative gratuite. Un’app gratuita, invece, avrà probabilmente un numero più alto di installazioni, ma questo sarà solo un punto di partenza per generare profitto.
Le possibilità di monetizzazione su un’app sono innumerevoli: modelli freemium, iscrizioni annuali per accedere a contenuti esclusivi e, nei videogiochi, strumenti speciali per salire di livello. Purtroppo, però, bisogni e desideri soggettivi del consumatore rappresentano una scommessa sulla quale non ci si può affidare se si vuole generare un profitto costante.
E allora qual è la scelta giusta per lo sviluppatore? Si tratta della scelta più comune sin dagli albori del Web: la pubblicità.
La pubblicità puoi sceglierla per il suo profitto potenziale o puoi odiarla per la sua invadenza e distrazione. Ma è comunque un metodo irrinunciabile per generare profitto con le app per dispositivi mobili, soprattutto se gratuite.
Il settore della pubblicità per dispositivi mobili continua a crescere e molti marchi importanti sono disposti a spenderci molto. Solo nel 2014, la spesa per la pubblicità nei dispositivi mobili ha raggiunto i 14 miliardi di dollari, quasi il doppio dei 7,7 miliardi spesi nel 2013. Questa è davvero l’età d’oro per la monetizzazione pubblicitaria delle app. Ma prima di tuffarsi a capofitto nel mondo della monetizzazione da pubblicità per dispositivi mobili, dovete essere consapevoli delle sfide che si dovranno affrontare e come adattarsi per raggiungere il successo.
Sfida: perdita di interesse nei confronti dell’app a causa delle pubblicità
Un problema molto comune è che la pubblicità rischia di distrarre o frustrare l’utente, che finirà per utilizzare sempre meno l’app. E vedere la propria app finire nel cestino sarà più che una cosa sporadica. Uno studio Compuware del 2013 ha rilevato che dall’80 al 90% di tutte le app scaricate vengono utilizzate solo una volta per poi essere eliminate dall’utente. E qui entra in gioco la necessità di pensare fuori dagli schemi della pubblicità tradizionale in modo da tenere vivo l’interesse e l’umore dell’utente.
Alcuni modelli pubblicitari sono chiaramente diversi e intrinsecamente più prolifici. Ad esempio la pubblicità “a premi” permette all’inserzionista di collaborare con l’app, apponendo il proprio nome a un particolare incentivo per l’utente. Dopo aver compiuto una certa azione, come guardare un video pubblicitario, installare un’altra app o iscriversi a una mailing list, gli utenti ricevono un premio. Questo premio può assumere la forma di funzionalità aggiuntive in un gioco, soldi virtuali, sconti per prodotti o servizi online.
Quando un utente riscatta il premio (sponsorizzato dall’inserzionista), il publisher riceve una percentuale dei profitti. In questo modo il publisher ne riceve profitto, mentre l’inserzionista riceve impressions e, di conseguenza, conversioni.
Questo modello è attraente per l’inserzionista perché gli permette di far crescere la propria utenza attingendo ad una precisa fascia di popolazione, quella più adatta al proprio brand. Inoltre, l’interesse per l’app viene stimolato dagli incentivi. Questo sistema solletica certe “aree del piacere” nel cervello dell’utente che vorrà continuare a utilizzare l’app per ottenere tutti gli incentivi desiderati.
Man mano che questi sentimenti prendono vita, la pubblicità incentivata fa da leader sulla pubblicità. In uno studio commissionato da Tapjoy, la Forrester Consulting ha rilevato che “...la pubblicità a premi – quella in cui l’utente viene premiato per il proprio coinvolgimento nella pubblicità – migliora l’opinione dell’utente nei confronti del brand e stimola l’interazione in maniera significativamente maggiore rispetto alla pubblicità tradizionale visualizzata all’interno dell’app.”
Il gioco Two Dots offre premi come vite extra e altri aiuti dopo aver guardato dei video pubblicitari in determinate fasi del gioco. Anche se non fa clic sul prodotto pubblicizzato, l’utente viene comunque ricompensato con alcune componenti di gioco. Hai finito le vite e non hai voglia di ricominciare? Guarda un video e ricevi qualche vita extra.
Anche RunKeeper, un’app dedicata al fitness, utilizza un modello simile, incentivando l’utente a continuare a utilizzare l’app in cambio di premi esclusivi da parte di inserzionisti on-brand. È un metodo che si adatta bene a questo tipo di app, se si considera che l’utente difficilmente vorrà guardare un video intero mentre corre o vedere dei banner ogni volta che apre l’app.
Sfida: pagamenti lenti e complessi
Quando si tratta di scegliere tra le diverse reti pubblicitarie a cui aderire, lo sviluppatore deve prendere in considerazione diversi fattori. Uno dei più importanti è sicuramente il metodo di pagamento. Se si decide di inserire delle pubblicità nella propria applicazione è perché si desidera generare profitti e ricevere denaro in maniera semplice e stabile. Se i tuoi guadagni non si rendono immediatamente disponibili o se la struttura di pagamento è confusa, l’intera questione inizia a perdere di senso.
Pagamenti netti a 15, 30 o anche 60 giorni dal momento del guadagno effettivo sono soluzioni molto comuni. Questo può funzionare per alcuni, ma è chiaro che la maggior parte degli sviluppatori preferirebbero pagamenti su base più continuativa. Un altro fattore importante è il metodo di pagamento che meglio si adatta alla tua attività e se tale metodo sia disponibile nella rete pubblicitaria che stai valutando. Insomma, devi cercare una soluzione che garantisca pagamenti regolari, con un programma adatto alle tue esigenze e un metodo di pagamento che faccia per te.
Alcune aziende tendono a rispondere meglio alle esigenze dei publisher, offrendo pagamenti immediati con metodi flessibili. Ad esempio Appodeal, un’azienda di mediazione programmatica, oltre ad aiutare il publisher a ottenere profitti maggiori, offre metodi di pagamento personalizzati. Non aspettare per incassare i propri guadagni per investirli in ricerca e sviluppo? Sembra davvero il modello di business ideale.
Sfida: integrare SDK multipli è frustrante e dispendioso
Prima di poter trarre profitto dalle pubblicità nella propria app, è necessario integrare un SDK (Software Development Kit), in modo che la rete pubblicitaria possa comunicare con l’app e trasmettere pubblicità. Aggiungere o rimuovere diversi SDK da ciascuna rete pubblicitaria, per non parlare dei conseguenti aggiornamenti da pubblicare sull’App Store, è un’attività molto dispendiosa in termini di tempo e, francamente, non è neanche strettamente necessaria. Le tecnologie di mediazione pubblicitaria eliminano tutto lo stress derivante dal gestire centinaia di SDK e tenere traccia dell’eCPM.
Per monetizzazione con successo, la mediazione pubblicitaria è l’ideale, perché permette di connettersi a diversi RTB e reti pubblicitarie (come AdMob, Mopub, Tapsense) utilizzando un unico SDK.
Integrazione di Quicktime, il supporto per tutti i maggiori framework (come iOS, Android, Cocos2d, Unity, ecc.) ed una quantità di codici guida, dovrebbero essere tutti fattori da tenere in considerazione quando si tratta di scegliere un servizio di mediazione pubblicitaria. Tale servizio dovrebbe inoltre essere in grado di fornire analisi in tempo reale o offerte da parte di reti pubblicitarie e RTB per ottimizzare l’eCPM senza un costante monitoraggio.
Sfida: monopòli pubblicitari per dispositivi mobili
Nonostante la vasta possibilità di scelta nell’ambito della pubblicità per dispositivi mobili, molti decidono di semplificarsi la vita collaborando con un unico partner. Per quanto sulla carta un potenziale partner pubblicitario possa sembrare ottimo, nel tempo ci si rende spesso conto che la singola rete pubblicitaria si è creata una sorta di monopòlio sull’inventario del publisher.
In mancanza di competitors, la rete pubblicitaria ha scarsi incentivi a offrire tariffe di guadagno alte. L’immagine è chiara adesso? Il metodo funziona benissimo per la rete pubblicitaria, ma non altrettanto per lo sviluppatore. La soluzione (oltre a quella di cercare di gestire da sé il rapporto con una decina di reti pubblicitarie) è di trovare una piattaforma di mediazione pubblicitaria in grado di ottimizzare i profitti derivanti dalla pubblicità. Come funziona? Di nuovo, esaminiamo l’esempio di Appodeal. Questa piattaforma integra tutte le maggiori reti pubblicitarie in modo che la selezione degli annunci da visualizzare sulla tua app sia effettuata sulla base del miglior profitto, piuttosto che sulle offerte degli inserzionisti, tutto grazie al potere della negoziazione. Le offerte delle varie reti vengono negoziate nell’ambito di un’asta aperta e trasparente, in cui tutte le parti in gioco entrano in competizione. Un metodo ben più democratico, di libero mercato, che in ultima analisi favorisce lo sviluppatore di app.
Sfida: la qualità degli annunci
I consumatori non sono nostri nemici e, soprattutto, non sono stupidi. In uno studio condotto dalla IPG Media Lab risulta che 63% degli utenti riconosce la necessità della presenza di pubblicità per le applicazioni gratuite. Le persone, chi più, chi meno, accetta la presenza della pubblicità. Ma non per questo vengono tollerate. E la sfida è proprio questa: rendere gli annunci pubblicitari belli ed attraenti per tutti i consumatori che passano una parte del loro tempo sul proprio dispositivo mobile per tutt’altro che chiamare.
Secondo la eMarketer, gli adulti americani spendono infatti una media di tre ore ed otto minuti sui propri dispositivi mobili (escludendo il tempo delle telefonate). Si tratta di una porzione di tempo notevole, che va sfruttato nel modo migliore, anche dal punto di vista degli annunci pubblicitari. In un’intervista rilasciata a Digiday, Noelia Fernandez Arroyo, direttore responsabile dello sviluppo aziendale e trasformazione digitale dell’azienda spagnola Prisa, ha espresso questa idea in maniera molto efficace: si deve trovare lo spazio per una pubblicità di qualità, sia in termini di annunci mirati, sia in termini di creatività. Deve esserci un buon equilibrio tra ciò che un pubblico che non vuole spendere è disposto a pagare e tra un pubblico più vasto disposto ad accettare la pubblicità. Arroyo colpisce nel segno: la pubblicità nel palmo di una mano dovrebbe essere un’esperienza. Una storia che coinvolge l’utente, o una sfida da accettare, un qualcosa da avere assolutamente. Che si tratti di pubblicità di zona, di un video o di pubblicità interattiva, l’annuncio deve essere coinvolgente e piacevole. È quindi necessario vagliare attentamente le pubblicità che compariranno sulla tua piattaforma. La domanda da fare al proprio team è “cos’è che accetteremmo di guardare obbligatoriamente per 30 secondi?“.
Sfida: mancanza di annunci rilevanti
Nonostante la vecchia promessa che la pubblicità su internet avrebbe avuto vita facile nell’indirizzare i propri annunci al pubblico più appropriato rispetto alle forme tradizionali (radio, stampa, TV, cartelloni), questo aspetto rappresenta in realtà ancora una grossa sfida.
In ogni forma di pubblicità si tende a notare quella per noi più rilevante. Se sul tuo telefono compare una pubblicità di un passeggino e tu non sei un genitore, è improbabile che gli dedicherai più di un veloce sguardo, per non parlare di aprire la pagina. Quindi, se proprio devi vedere una pubblicità sul piccolo schermo del tuo smartphone, l’ideale è che essa sia quanto meno aderente ai tuoi gusti e interessi, per evitare il tipico disprezzo legato alla pubblicità. Le persone sono ormai abituate a visualizzare contenuti personalizzati, in termini di contesto e località. Contenuti casuali e irrilevanti sono ormai inaccettabili.
Mobilewalla è stata una delle prime aziende a cercare di sfruttare dati provenienti da recensioni dell’utente negli app store, post pubblici su social network e altre informazioni. Questa tecnologia, descritta anche dal New York Times, funziona in maniera simile al cosiddetto “filtraggio collaborativo” utilizzato ad esempio da Amazon per generare raccomandazioni centrate per l’utente.
La soluzione è di servirsi di una rete pubblicitaria che sia in grado di monitorare interessi e comportamenti dell’utente. Queste informazioni dovranno poi essere associate alla mediazione programmatica, in modo da trovare la soluzione ottimale tanto per i profitti dello sviluppatore che per la soddisfazione dell’utente.