Apple dovrà affrontare una nuova class action in California, per l’accusa di aver costretto gli utenti ad aggiornare i propri iPhone e iPad a iOS 7 per poter continuare ad utilizzare FaceTime. Per i querelanti, la scelta di bloccare l’utilizzo di FaceTime su iOS 6 è stata presa solo perchè Apple vuole evitare di pagare alla Akamai i costi sempre più elevati dei dati.
In pratica, quando venne lanciato per la prima volta FaceTime, Apple utilizzava due tecnologie per avviare la connessione su iPhone e iPad. La prima connessione sfruttava uno standard peer-to-peer per trasferire direttamente audio e video tra gli utenti; la seconda, invece, si basava su server di terze parti gestiti da Akamai per trasferire questi dati tra gli utenti. La seconda connessione ha gestito tra il 5% e il 10% di tutte le chiamate FaceTime nel primo periodo di lancio.
Nel 2012, poi, Apple è stata condannata per aver violato alcuni brevetti della VirnetX sulla gestione delle connessioni peer-to-peer, obbligando l’azienda a passare interamente alla modalità di inoltro tramite server terzi per la gestione delle chiamate FaceTime. Proprio per questo passaggio, Apple ha dovuto sostenere milioni di dollari di spese mensili per pagare i server alla Akamai (si parla di circa 8 milioni di dollari al mese).
Apple ha quindi lavorato per allontanarsi da questo tipo di tecnologia, realizzando un proprio sistema interno che ha fatto il suo esordio con iOS 7. Con l’uscita del nuovo sistema operativo, Apple ha poi bloccato l’utilizzo di FaceTime su iOS 6, e proprio per questo motivo è partita la class action.
Ufficialmente, Apple ha spiegato che FaceTime è stato bloccato su iOS 6 per alcuni bug di sicurezza, ma secondo i querelanti la realtà è che l’azienda non voleva più pagare Akamai. Ci sono diversi utenti con iPhone 4 e 4s che non vogliono aggiornare ad iOS 7 visti i problemi di lentezza, ma che con iOS 6 non possono utilizzare FaceTime.
E per questo, Apple dovrà affrontare un’altra class action…