Sblocco iPhone di San Bernardino: “L’FBI non aveva esaurito tutte le carte a sua disposizione”

L’Ufficio dell’Ispettorato Generale degli Stati Uniti ha pubblicato il suo rapporto sulle circostanze che hanno portato l’FBI a denunciare Apple nel 2016, nel tentativo di costringere l’azienda a sbloccare l’iPhone del terrorista di San Bernardino. Emergono nuovi dettagli davvero interessanti, con accusa pesanti nei confronti dell’FBI e del suo comportamento.

Nel rapporto, si legge che il comportamento dell’FBI non è stato chiaro e che le giustificazioni portate in tribunale per cercare di costringere Apple non erano adeguate. Da questa ricostruzione dell’Ispettorato Generale, emerge che il tutto fu gestito in modo sbagliato, a causa soprattutto di problemi legati a burocrazia e politica.

Il racconto ufficiale, brevemente riassunto, è che l‘FBI voleva sbloccare l’iPhone presumibilmente usato nell’attacco di San Bernardino alla fine del 2015. Qualche mese dopo, il direttore Comey spiegò che il Bureau non aveva la capacità di sbloccare il telefono, e che, se Apple si fosse rifiutata di fornire il proprio aiuto, sarebbe stata intentata una causa per costringere l’azienda a fornire assistenza. Era il 6 febbraio. Un mese dopo, una società terza si fece avanti e riuscì a sbloccare quell’iPhone, rendendo inutile portare avanti la causa presentata dall’FBI contro Apple.

I difensori della privacy consideravano quella richiesta un tentativo trasparente (ma mal riuscito) di creare un precedente che amplificava enormemente la portata dell’assistenza che le aziende tech dovevano fornire agli inquirenti in caso di indagini. Apple ha sempre difeso la propria posizione.

Oggi emergono però alcuni dettagli su come sono andate realmente le cose. Nel corso delle sue indagini, l’ispettore generale ha scoperto che, sebbene le affermazioni dell’FBI non fossero tecnicamente inaccurate o fuorvianti, si sono anche dimostrate semplicemente errate, con l’unico obbiettivo di cercare di convincere l’opinione pubblica e i membri del congresso.

Anche se Comey ha dichiarato il 9 febbraio che l’FBI non aveva la capacità di sbloccare il telefono e avrebbe cercato un rimedio legale, l’inchiesta ha rilevato che il Bureau non aveva esaurito tutte le vie a sua disposizione, comprese alcune piuttosto ovvie.

Ad esempio, un ingegnere era stato incaricato di chiedere ai fornitori di fiducia se avessero qualcosa che potesse essere d’aiuto: due giorni dopo, Comey aveva già detto che l’FBI non aveva più opzioni. Non solo, ma sembra ci fosse una sorta di ostacolo ufficiale e “politico” sul fatto che gli strumenti classificati generalmente riservati per scopi di sicurezza nazionale dovessero essere presi in considerazione per questo caso criminale minore, sebbene in realtà fosse molto più serio.

Nel primo caso, si è scoperto che sì, un fornitore aveva una soluzioneal 90% affidabile“, ed era felice di completare lo sblocco nel mese successivo. Come ha potuto il direttore dire che l’FBI non aveva le risorse per farlo, quando non aveva chiesto aiuto nemmeno ai suoi fornitori di fiducia?

Nel secondo, non è ancora chiaro se esistano effettivamente strumenti in mano al governo che sarebbero potuti essere utilizzati per lo sblocco dell’iPhone in questione. Le testimonianze non sono concordi su questo punto, con alcuni funzionari che affermano che c’era una “linea sottile” tracciata tra strumenti classificati e non classificati, con questi ultimi che non sarebbero stati autorizzati per l’indagine in questione perchè ritenuta non così importante, e chi afferma che era soltanto una questione di preferenze. Indipendentemente da ciò, all’interno dell’FBI diversi dirigenti iniziarono a chiedersi se ci fossero altre soluzioni che non avevano ancora considerato.

Dalle testimonianze emerge qualcosa che ormai sembra lampante: all’interno dell’FBI c’era grande confusione e anche le comunicazioni tra i vari reparti furono carenti nel caso di San Bernardino. Questo significa che l’FBI non prese in considerazione tutte le opzioni a sua disposizione prima di accusare pubblicamente, e ufficialmente, Apple. Anzi, sembra proprio che una soluzione era stata trovata con quel famoso fornitore che aveva già aiutato l’FBI in altri casi simili, solo che Comey preferì ignorare del tutto quell’opzione e dichiarare pubblicamente che solo Apple avrebbe potuto risolvere la questione.

Dall’indagine, emerge che molti dirigenti dell’FBI sembravano interessati a non voler trovare una soluzione tecnica, al fine di ottenere una sentenza contro Apple e creare un precedente che avrebbe spianato la strada anche alle indagini future.

 

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