Dopo la smentita da parte di Apple, oggi anche diversi funzionari governativi e agenzie di sicurezza esprimono tutti i loro dubbi sulla storia pubblicata da Bloomberg e relativa a presunti chip spia installati dal governo cinese sui server di Apple e di altre importanti aziende americane.
Bloomberg afferma che Apple ha scoperto questo chip spia nel maggio del 2015, per poi informare segretamente l’FBI qualche giorno dopo. Tale chip sarebbe stato inserito dal governo cinese per spiare le aziende statunitensi e i loro clienti. Insomma, un vero e proprio “hacking hardware”.
Dopo le smentite di Apple, Amazon e di altre aziende coinvolte dall’articolo, oggi diverse agenzie governative e di sicurezza esprimono dubbi su questa storia.
Il National Cyber Security Center, parte dell’agenzia di sicurezza GCHQ (Government Communications Headquarters) del Regno Unito, afferma che “... non abbiamo motivo di dubitare delle valutazioni dettagliate fatte da Apple e Amazon. Noi ci impegniamo con i ricercatori di sicurezza a verificare questi report”.
La dichiarazione della GCHQ è insolita, in quanto l’organizzazione in genere non tende a rilasciare dichiarazioni se non viene chiamata direttamente in causa. Il fatto che l’agenzia abbia voluto “difendere” Apple e Amazon avvalora la tesi difensiva delle due aziende.
Anche diversi funzionari statunitensi contattati dal Washington Post hanno dichiarato di non essere certi di quanto sia accurata la relazione pubblicata da Bloomberg. Altre agenzie di sicurezza ritengono senza dubbio che la storia sia falsa, o quanto meno inaccurata.
Rispetto alla smentita di ieri, Apple ha poi pubblicato un’ulteriore dichiarazione:
Nella storia pubblicata da Businessweek si afferma inoltre che Apple “ha segnalato l’incidente all’FBI ma ha mantenuto assolutamente segreti i dettagli di ciò che ha riscontrato, persino internamente.” A novembre 2017, dopo che ci fu comunicata per la prima volta questa accusa, fornimmo a Bloomberg le seguenti informazioni nell’ambito di una lunga e dettagliata risposta ufficiale. La risposta affronta innanzi tutto le affermazioni non dimostrate dei reporter in merito a una presunta indagine interna.
A seguito di numerose discussioni con diversi team e organizzazioni, è emerso che nessuno in Apple ha mai sentito parlare di tale indagine. Businessweek non ha voluto fornirci informazioni per risalire al presunto procedimento o alle conclusioni dell’indagine. Né tanto meno ha dimostrato di conoscere le procedure standard che avremmo presumibilmente eluso.Nessuno in Apple ha mai contattato l’FBI in merito a questa storia; inoltre non siamo mai venuti a conoscenza da parte dell’FBI di un’indagine a tal proposito né tanto meno abbiamo cercato di porvi limiti o restrizioni.
In un’apparizione questa mattina su Bloomberg Television, il reporter Jordan Robertson ha fatto ulteriori affermazioni sulla presunta scoperta di chip malevoli, dichiarando: “Nel caso Apple, da quanto abbiamo capito è stato un controllo casuale di alcuni server problematici ad aver portato a questa scoperta”.
Come abbiamo già precedentemente comunicato a Bloomberg, questa affermazione è completamente falsa. Apple non ha mai trovato alcun chip malevolo nei propri server.
Infine, in risposta alle domande che abbiamo ricevuto da altre testate da quando Businessweek ha pubblicato l’articolo, non siamo vincolati da alcun obbligo di non divulgazione né da altri obblighi di riservatezza.
Inoltre, Apple ha affermato di aver comunque condotto un’indagine interna per verificare la notizia pubblicata da Bloomberg, senza riscontrare alcun tipo di problema se non un caso isolato già citato in una precedente dichiarazione. Caso isolato ad un server di laboratorio e senza alcun tipo di perdita di dati. Anche ex membri del team legale di Apple hanno confermato di non aver mai parlato con l’FBI o con altre agenzie governative su possibili chip spia cinesi trovati sui server Apple. Insomma, la notizia appare sempre più falsa.