La recente WWDC non si è risparmiata in merito a sorprese: nuovo format, iOS14 ricchissimo di novità, Mac destinato a cambiare (nuovamente) famiglia di CPU, macOS Big Sur, watchOS 7, tvOS 14, AirPods. Ne parliamo con Jack Blanga, attuale Executive Creative Director in EY! e professionista dalla lunghissima carriera nel campo della comunicazione d’impresa, nonché grande appassionato di Apple.
Iniziamo con un veloce excursus sulla tua carriera e sui tuoi attuali incarichi.
Jack Blanga, 39 anni, la metà dei quali passati in alcuni dei maggiori gruppi globali di comunicazione: Leo Burnett, FullSIX, JWT, TBWA\, fino a diventare Executive Creative Director in EY. Ho vinto oltre 70 riconoscimenti internazionali (tra cui i Cannes Lions) e collaborato alla stesura di un libro sul potere del content. Attualmente sono anche Membro del Consiglio direttivo dell’Art Directors Club Italiano e coordinatore del Master in Creative Direction allo IED.
Hai avuto occasione anche di lavorare direttamente con il mondo della tecnologia?
Ho avuto la fortuna di occuparmi in prima persona della comunicazione europea di Nintendo – era l’epoca del lancio della Nintendo DS e dei Pokemòn! In Italia – che mi ha permesso di vivere l’evoluzione dei device portatili. Ho poi lavorato nell’agenzia che da trent’anni segue la comunicazione di Apple – collaborando anche per il lancio dell’Apple Watch in Italia.
Recentissima è infine l’acquisizione da parte di un team da me guidato del budget di comunicazione di Lenovo e Motorola (Android, sorry).
Partiamo dagli aspetti prettamente comunicativi della recente WWDC. In un momento dove il mondo tech è in contrazione e i competitor presentano i propri prodotti in auditorium desolatamente vuoti, Apple propone una narrativa nuova, caratterizzata da ritmo incalzante e regia da film. Nella tua opinione di esperto nel mondo dell’ADV, c’è stato qualche momento che ti ha particolarmente colpito?
Mi ha colpito positivamente il tentativo, ma negativamente il risultato. Gli speech precedenti, anche quando ricchi di contenuti, risultavano fluidi: era piacevoli vederli e sentirli, si viveva il pathos. Questa del 2020 mi è sembrata invece un’insieme di spazi, persone, inquadrature larghe e strette con tutti i prodotti, implementazioni e feature. Mi sarebbe piaciuto poi che il ruolo di collante di Craig Federighi nella presentazione l’avesse tenuto Tim Cook.
Insomma, si è sentita la mancanza di una direzione artistica che rendesse il tutto memorabile.
Apple ha sempre seguito il mantra del suo fondatore Jobs “un utente non sa quello che vuole finché non glielo mostri”, facendo perdere di valore al marketing legato alle indagini di mercato. Nell’unico periodo della sua storia in cui l’azienda non ha seguito questa linea (durante l’esilio del fondatore e l’introduzione dei “cloni” Mac), Apple ha rischiato di fallire. La casa di Cupertino è sempre stata quindi molto attenta ad offrire all’utente pochissimi margini per la personalizzazione, garantendo in cambio un’esperienza di utilizzo estremamente coerente. Negli ultimi anni Tim Cook ha invece scelto una strada di progressiva apertura alle richieste dei clienti: quanto mostrato alla WWDC è in linea con questa nuova visione?
Sì, sicuramente, credo che con il WWDC 2020 si sia respirata, mai come prima, quella che è l’Apple di Cook. Meno segreta ed esclusiva, più aperta e inclusiva. Qualche esempio?
Parto dalla comunicazione, ancora: la non diffusione di presunte “notizie segrete” prima dell’evento (cosa che succedeva molto e di proposito all’epoca di Jobs). Ma soprattutto il modo in cui sono stati presentati dettagliatamente i prodotti – che un tempo erano lasciati là nell’etere, generando un alone di mistero e voglia quasi compulsiva di acquisto.
La personalizzazione va nella stessa direzione: volersi avvicinare al consumatore (inclusività), senza richiedere che sia lei/lui a bramare per un prodotto che Apple ti dice essere il migliore (esclusività).
In altre parole, Apple sta tornando a vendere prodotti, e non più il brand.
La domanda che mi faccio però è: siamo sicuri che questo troppo ascoltare il consumatore sia un bene?
A tuo parere, l’introduzione di queste personalizzazioni era davvero indispensabile nel mercato attuale?
Non credo che a Cupertino siano degli sprovveduti, anzi! Penso che la loro introduzione sia nata appunto da una richiesta del mercato, e dunque seguendo delle esigenze di business e marketing precise.
Quello che mi rende perplesso però è che Apple non ha mai ascoltato il mercato, l’ha sempre guidato con scelte coraggiose alle quali le persone si dovevano “adattare”. Penso agli AirPods, ma anche a progetti precedenti come il lancio dell’iPhone: un telefono senza tastiera. (Ricordiamo tutti la figura del – seppur bravo – #2 di Microsoft, Steve Ballmer.)
Questo cambio di rotta, che può far bene ad Apple e alle vendite in un breve periodo, credo che ne elimini però la peculiarità, e dunque il suo market value nel medio e lungo termine.
Molti hanno accusato Apple di aver palesemente copiato funzioni legate all’esperienza utente di Android, come i widget o l’App Drawer di iOS 14. Nella tua opinione di designer, si tratta davvero di “copia” e quindi Apple sta perdendo la sua spinta innovatrice, oppure il “sistema di design” di Apple perfezionato negli anni trova una sua conferma?
Queste sono due domande in una.
Apple ha copiato? Non credo. Quantomeno non nel vero senso della parola “copiare”. Sono laico nella guerra tra iOS e Android, così come lo sono stato in quelle tra Apple e Samsung. Non entro nella specifiche dispute legali, è evidente però che ci si stia allineando a delle esperienze molto simili, il che influisce su prodotti simili.
Apple sta perdendo la spinta innovatrice? È evidente. Siamo stati abituati a chiedere sempre tanto ad Apple. MacBook Pro, iPhone, AirPods sono state delle rivoluzioni. Ma essere rivoluzionari e pionieristici è rischioso se diventi mainstream, soprattutto nel mercato dei tech devices che sta diventando sempre più saturo e devi mantenere i tuoi margini.
Uno dei punti centrali della WWDC è basato sul nuovo macOS Big Sur. Molte nuove funzioni sono state mutuate dell’esperienza tipicamente touch di iOS. Riprendendo ancora Steve Jobs, “Il design non è come sembra o come appare. Il design è come funziona”: a tuo avviso questa ibridazione è funzionale nell’esperienza utente finale?
Credo l’ibridazione sia funzionale soprattutto per cercare di abituare l’utente a esperienze simili cross-devices. È evidente che questo il sistema di design vuole cercare di trattenere l’utente Apple all’interno del suo ecosistema, per non farlo guardare altrove, anche perché – si sa – è molto più facile fare upselling che acquisire un nuovo cliente.
È una tecnica di marketing corretta, ma alla lunga funzionerà solo se nei prossimi anni Apple ritornerà ad offrire qualcosa di veramente diverso rispetto al mercato.
Hai qualche tuo progetto interessante che i lettori di iPhoneitalia potrebbero visitare per conoscerti?
Generalmente posto i miei progetti su Linkedin, chi ha piacere può seguirmi qua, dove potremo sicuramente continuare a discutere di questo e altri temi legati al digital e al branding.