Nella prima giornata del processo tra Epic Game e Apple, Tim Sweeney ha rilasciato alcune dichiarazioni a sostegno della sua tesi contro l’App Store e il suo presunto monopolio.
Fortnite come mezzo sociale
Tim Sweeney ha iniziato con una metafora, definendo Fortnite come il metaverso del romanzo Snow Crash di Neal Stephenson: “È un intrattenimento 3D e un mezzo sociale in tempo reale, alimentato dal computer, in cui persone reali partecipano insieme a una simulazione 3D e fanno esperienze di ogni tipo“, ha spiegato Sweeney in un’aula di tribunale divisa da barriere di plastica e una serie di linee telefoniche collegate in teleconferenza.
Il CEO di Epic è stato scelto dal team legale della software house come primo testimone da portare al banco, in modo da poter esprimere tutte le tesi contro Apple. Durante la lunga testimonianza durata alcune ore, Sweeney ha parlato tra la altre cose dell’Unreal Engine, delle console di gioco, dell’App Store e di ciò che i giocatori fanno sull’isola durante gli eventi organizzati da Fortnite: “Questo è un fenomeno che trascende i giochi e ora Apple chiede ingiustamente una riduzione dei profitti generati da Fortnite“.
Mentre Sweeney ha definito la lotta di Epic contro Apple come uno “spettacolo di fuochi d’artificio“, la sessione di ieri non è stata così spettacolare. Sweeney è un uomo generalmente pacato che ha consegnato una testimonianza appena udibile dalle casse del tribunale.
Il perché della causa contro Apple
Più in generale, la sua testimonianza ha seguito le linee tracciate da Epic Games mesi fa. “Gli sviluppatori si sono trovati intrappolati in una trappola creata da Apple e il fiore più diffuso nel giardino recintato era il Venus Flytrap”. Apple ha ribattuto definendo la causa di Epic “un assalto fondamentale all’ecosistema sicuro e integrato di Apple. Abbiamo intrapreso questa strada perché volevamo che il mondo vedesse come Apple esercita il controllo totale sulla disponibilità di tutto il software su iOS. Ammetto che non ci aspettavamo una rimozione del gioco dall’App Store, ma speravamo che Apple potesse riconsiderare le sue politiche”.
E ancora: “Inizialmente Epic non aveva una visione critica delle politiche di Apple. Ci è voluto molto tempo prima che mi rendessi conto di tutti gli impatti negativi della politica dell’App Store. Per quanto riguarda un bundle di cui Apple ed Epic avrebbero parlato, Sweeney è stato chiaro: “Non avevamo chiesto unt rattamenteo speciale, ma un accordo con Apple per proporre un particolare bundle ai nostri giocatori“.
Controinterrogatorio
Durante il controinterrogatorio, l’avvocato di Apple ha spinto Sweeney a confermare che Epic ha trascorso quasi un decennio a giocare secondo le regole di Apple prima di lanciare un’operazione dal nome in codice “Project Liberty” al solo scopo di schernirle e boicottarle. Entrambe le parti hanno promosso ideali nobili (libertà per Epic, sicurezza per Apple) e si sono dette “scioccate” dal fatto che il loro avversario stesse cercando di fare soldi. Sweeney ha anche confermato che in passato Epic ha richiesto una commissione del 60% agli sviluppatori della sua piattaforma esistente negli anni ’90: “Da allora sono cambiate molte cose e il fatto che Fornite sia in altri store come quelli di Microsoft e Nintendo, che pure chiedono commissioni, significa che concordiamo con il loro sistema, al contrario di quello fornito da Apple”.
La giornata di apertura del processo ha dato modo di capire quali saranno le tattiche che le due aziende adotteranno. Epic si è concentrata principalmente sulla sua richiesta più moderata: che Apple consenta agli sviluppatori di elaborare gli acquisti in-app attraverso i propri sistemi, aggirando le tariffe dell’App Store. Apple ha evidenziato la parte più estrema: che iOS dovrà consentire ai proprietari di iPhone di scaricar le app da store di terze parti come Epic Games Store, con tutti i problemi di sicurezza annessi.
Non a caso, i legali di Apple hanno paragonato l’App Store ad altri ecosistemi chiusi come quello di Sony, che non permette l’utilizzo di store terzi su PlayStation. E anche in questo caso, Sony prende una percentuale dagli introiti generati da Fortnite. Per rispondere a queste argomentazioni, gli avvocati di Epic hanno detto che i produttori di console seguono un diverso modello di business, visto che vendono il loro hardware in perdita e quindi hanno un incentivo a trattare con gli sviluppatori. IL giudice Rogers non sembra aver preso bene questa “difesa”.
Phil Schiller e la riduzione delle commissioni su App Store
Infine, dalla testimonianza del CEO di Epic sono emersi alcuni dettagli su come Apple abbia valutato l’ipotesi di modificare le commissioni su App Store. In particolare, nel 2011 Phil Schiller chiese a Eddy Cue se fosse il caso di rivalutare le commissioni sulle app e sugli acquisti in-app: “Pensiamo di lasciare per sempre la divisione 70/30? Io credo che un approccio di questo tipo non potrà rimanere invariato per sempre“. Schiller è sempre stato un sostenitore della commissione del 30%, ma da queste dichiarazioni emergono alcuni dubbi sulla loro durata nel tempo e l’idea di abbassarle in un secondo momento.
Di fatto, già ora Apple richiede solo il 15% agli sviluppatori che nell’anno precedente hanno fatturato su App Store meno di 1 milione di dollari.