Google Bard, svelata la risposta a ChatGPT

Bard è la risposta di Google a ChatGPT, l'AI conversazionale che sta riscuotendo grande successo negli ultimi mesi

Dopo il grande successo di ChatGPT, Alphabet accorcia i tempi e lancia Google Bard, inserendosi a tutti gli effetti nel caotico vortice di entusiasmo per le nuove tecnologie di AI conversazionale. L’obiettivo ambizioso è combinare la sua pressoché infinita mole di dati con la potenza, l’intelligenza e la creatività dei propri modelli linguistici.

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LaMDA e l’iniziale cautela

Fino a un paio di mesi fa, in molti si stavano chiedendo quale fosse la posizione di Google di fronte al successo su larga scala di ChatGPT, uno strumento sviluppato da OpenAI basato sull’AI conversazionale, in grado di costruire delle risposte basandosi su dati di pubblico dominio e sul machine learningOpenAI è un progetto a scopo di lucro molto ambizioso nato nel 2015, in cui hanno partecipato nomi molto grossi della Silicon Valley – tra cui Elon Musk, Reid Hoffman (Linkedin), Greg Brockman (Stripe) e Peter Thiel (Paypal) -, e in cui hanno investito Microsoft e Amazon.

L’AI conversazionale ovviamente può rappresentare una minaccia molto concreta per il principale prodotto di Alphabet, cioè il motore di ricerca, ma allo stesso tempo può rappresentare un’opportunità di sviluppo evolutivo di grande rilievo. Del resto la diffusione virale di ChatGPT ha confermato il grande interesse del pubblico per queste nuove tecnologie, sebbene siano ancora un po’ acerbe sotto diversi punti di vista: uno su tutti, la rilevanza delle risposte che vengono generate.

E proprio per questo motivo, Google ha inizialmente preferito andarci piano. Rispetto ai rischi che può (e deve) concedersi una startup come OpenAI, per il colosso della ricerca la posta in gioco è decisamente molto più alta. Gli utenti sono abituati a fidarsi di Google e questa fiducia è molto più facile da distruggere che da (ri)costruire. Di conseguenza, anche se Google sta lavorando all’AI da molto tempo con LaMDA, il costo reputazionale di un errore potrebbe essere tale da minare la fiducia che gli utenti ripongono nel motore di ricerca.

A distanza di poche settimane da queste considerazioni, Google svela ufficialmente Bard, uno strumento che consentirà di sfruttare il lavoro fino a qui fatto con LaMDA.

Cos’è Google Bard e come funziona?

Bard è in buona sostanza una risposta diretta a ChatGPT, e sarà disponibile da oggi per un ristretto gruppo di tester scelti da Google, con l’obiettivo, però, di estendere il pubblico in modo progressivo nel corso delle prossime settimane. Google Bard utilizzerà quindi la tecnologia LaMDA (in una versione “light”) come motore di un’AI conversazionale che può anche pescare informazioni direttamente dal web, in modo che le risposte siano sempre aggiornate alle ultime notizie dal mondo.

Questa caratteristica è anche la principale differenza rispetto al tool di OpenAI che, al contrario, si basa su un dataset limitato e circoscritto, aggiornato solamente al 2021, con una conoscenza limitata di ciò che è accaduto negli anni successivi fino al presente.

Google punta tutto sulla qualità delle risposte e sulla loro rilevanza e fondatezza, oltre che sulla sicurezza, al fine di evitare che l’utente induca – volontariamente o involontariamente – l’AI a scrivere delle risposte sbagliate, imprecise, fuorvianti o riprovevoli.

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Google Bard nella ricerca

Naturalmente Google sta lavorando per rendere Bard un valido alleato nella ricerca. La grande opportunità, secondo il CEO Sundar Pichai, è rappresentata dal fatto che l’AI può aiutare il motore di ricerca ad avere una comprensione più profonda dell’informazione che gli viene fornita e trasformarla in conoscenza utile in modo più efficiente.

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Se un motore di ricerca è solitamente usato per ottenere risposte precise e fattuali (ad esempio, “quanti tasti ha un pianoforte?“), è anche vero che il suo utilizzo riguarda sempre più spesso questioni su cui non esiste una risposta giusta e una risposta sbagliata. Ad esempio: “è più facile imparare a suonare il pianoforte o la chitarra?“. Su temi come questo, in cui non esiste una risposta univoca, l’AI può aiutare a condensare informazioni che riflettono prospettive e posizioni differenti, proponendo l’intero spettro all’utente finale.

Naturalmente, questo è un punto molto delicato, perché se l’AI è in grado di raccogliere diversi punti di vista e sintetizzarli in una risposta, diventa eticamente fondamentale capire quale peso venga dato a ciascuna prospettiva, soprattutto nel caso di tematiche sensibili. Perché se da un lato dovrebbe garantire una certa imparzialità, dall’altro potrebbe farsi influenzare dalla prevalenza di una determinata opinione, più condivisa rispetto ad altre. E questo potrebbe non sempre essere un bene.

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La visibilità delle fonti

Come sottolinea TechCrunch, resta da vedere come Google tratterà le fonti dei dati che sintetizza nella ricerca. Ad esempio, nel caso degli strumenti musicali, l’AI potrebbe sfruttare le opinioni pubblicate all’interno di migliaia di siti per comprendere quale sia lo strumento più facile da imparare e fornire una risposta.

L’utente si troverebbe davanti un testo originale, basato però sul contenuto di molte fonti – una sorta di riassunto “imparziale” di molti punti di vista. Questo significa che l’utente può ottenere una risposta più in fretta rispetto alla consultazione manuale decine di siti, come fa oggi. Tuttavia, significa anche che le molte fonti usate da Google potrebbero non ricevere la visita di quell’utente, riducendone di fatto la visibilità.

Poi, naturalmente, starà all’utente se accontentarsi di una risposta generata dall’AI, oppure approfondire.

 

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