I dazi imposti dall’amministrazione Trump stanno mettendo sotto pressione Apple come non accadeva da anni. E se da un lato l’azienda di Cupertino sta tentando con ogni mezzo di evitare un aumento immediato dei prezzi, dall’altro è ormai chiaro che questa resistenza ha un limite temporale. Secondo quanto riportato da Bloomberg, Apple sta mettendo in campo una serie di strategie difensive per contenere i rincari, ma gli aumenti sembrano inevitabili nel medio periodo.
Il rischio è concreto e non più teorico: iPhone, Mac, iPad e altri prodotti Apple diventeranno più costosi, sia negli Stati Uniti che in Italia e in altri mercati. Per ora Apple sta cercando di mantenere i prezzi attuali il più a lungo possibile, ma la prossima generazione di dispositivi – come l’iPhone 17 Pro – potrebbe superare la soglia simbolica dei 2.000 dollari.
Un’ipotesi che sembra estrema, ma che trova fondamento nei costi aggiuntivi derivanti dalle nuove tariffe. Apple non può ignorare l’impatto di dazi fino al 54% sulle importazioni dalla Cina, oltre a quelli imposti su prodotti fabbricati in Vietnam, India e Malesia, paesi che oggi rappresentano il cuore della sua produzione globale.
In questo momento, Apple sta cercando di assorbire parte dei costi aggiuntivi, abbassando temporaneamente i suoi margini di profitto, che in media si attestano intorno al 45%. Inoltre, l’azienda sta esercitando pressioni sui fornitori di componenti e sui partner produttivi, nella speranza di ottenere una riduzione dei costi a monte. Una mossa ambiziosa, ma non priva di rischi, vista l’attuale inflazione globale che colpisce anche i costi industriali.
Tra le tattiche in corso ci sarebbe anche la creazione di uno stock strategico di prodotti, accumulati prima dell’entrata in vigore dei nuovi dazi. Questo permetterebbe ad Apple di mantenere stabili i prezzi degli attuali modelli ancora per qualche mese, almeno fino ai prossimi lanci previsti per la seconda metà del 2025.
Nonostante le dichiarazioni ottimistiche da parte della Casa Bianca, trasferire tutta la produzione Apple negli Stati Uniti è oggi praticamente impossibile, e comporterebbe un raddoppio dei prezzi finali dei dispositivi. Alcuni impianti produttivi, come quello di TSMC per la produzione di chip, stanno nascendo in territorio americano, ma non saranno operativi a pieno regime prima di diversi anni.
Inoltre, Apple dipende da materie prime e componenti che dovranno comunque essere importati, e quindi soggetti agli stessi dazi che oggi sta cercando di evitare. In breve: la produzione locale non è la soluzione immediata che qualcuno si aspetta.
Le prospettive, purtroppo, non sono incoraggianti. Il rischio è che, oltre all’aumento dei prezzi, la situazione porti a una diminuzione della domanda da parte dei consumatori, in un momento in cui si teme una nuova recessione negli Stati Uniti. Se i prezzi degli iPhone e dei Mac aumenteranno, molte famiglie potrebbero rimandare l’acquisto di dispositivi tecnologici, impattando direttamente sul fatturato e sui profitti Apple.
Già in questi giorni, l’effetto dei dazi si è fatto sentire sul mercato azionario: il titolo Apple è in calo, così come quelli di altre big tech americane, colpite da un’ondata di vendite legata al timore di un calo nei consumi e di una frenata economica generalizzata.
Di fatto, Apple si trova in una delle fasi più delicate della sua storia recente. Dopo aver superato indenne la pandemia, la crisi dei chip e le prime guerre commerciali, oggi deve affrontare una pressione fiscale che rischia di alterare profondamente il suo modello di business. E, come spesso accade, l’azienda sta cercando di guadagnare tempo: non aumentare subito i prezzi, ma rimandare, aspettare, osservare l’evoluzione politica ed economica.
Ma quanto potrà durare questo equilibrio precario? Probabilmente, il vero banco di prova sarà settembre, quando verrà lanciata la nuova linea di iPhone. Se le tariffe resteranno attive e non ci saranno esenzioni o revisioni, ci troveremo di fronte a una generazione di dispositivi Apple sensibilmente più costosa. E questo cambierà inevitabilmente anche le abitudini di acquisto degli utenti.
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