4 anni e non sentirli: un’analisi sull’App Store, una riflessione sull’ennesima rivoluzione made in Cupertino

Distimo consegna alla stampa il resoconto sui 4 anni di vita dell’Apple App Store e tra numeri, da capogiro, e considerazioni, tutt’altro che banali, c’è davvero di che argomentare…

In occasione della 4ta candelina per festeggiare la nascita dell’App Store, avvenuta il 10 luglio 2008 con un aggiornamento di iTunes e sui terminali della Mela con il rilascio del firmware 2.01Distimo, compagnia leader nelle indagini di mercato, ha richiesto ad un suo analista, Gert Jan Spriensma, di redigere un resoconto sul periodo di attività dello store virtuale, divulgato proprio nella mattinata con il titolo The Four-Year Anniversary of the Apple App Store.

I dati raccolti nell’ampio coverage sono perlopiu’ noti ai nostri lettori in quanto abbiamo cercato di coprire a tappetto sui nostri blog ogni segnalazione e tendenza, ogni novità e cambiamento, ogni record e successo segnato dalla politica commerciale di Cupertino, e, lo confessiamo, non è stato così difficile mantenere il passo poiché ogni news aveva rilevanza planateria.

Non stiamo di certo incensando a senso unico Apple, omaggiandola per partito preso, però i numeri sono realtà oggettive e benché oscillabili a seconda degli strumenti di rilevazione, quando sono in grado di annichilire ogni proposta concorrente, dettano legge senza appello.

L’App Store, o meglio l’iPhone App Store, nasce con l’esigenza di rifocillare a dovere l‘iPhone, il melafonino lanciato sul mercato senza la possibilità di installare direttamente applicazioni (o giochi), ed ha un periodo di incubazione di circa 1 anno, necessario alla compagnia dell’indimenticabile Steve Jobs di allestire una infrastruttura che sarà da modello per i competitors negli anni a seguire. Il lancio, quindi, avviene un anno dopo, il 10 luglio 2008, con 500 applicazioni al day-1 ma questo valore, che con i numeri odierni fa quasi tenerezza…, è destinato rapidamente, esponenzialmente, a crescere, nonostante Apple si riveli ferrea e inamovibile nella valutazione di qualli Apps possano trovare posto sullo store.

Spriensma correttamente rileva come l’iPhone App Store non sia stato propriamente il primo App Store per il mondo mobile e difatti una ricerca sul Web porta alla luce l’infografico di ShoutEm da cui abbiamo ritagliato la clip seguente…

che evidenzia come sia BlackBerry (freccia rossa), sia Google (freccia trasparente) stessero già schierando l’artiglieria su tale panorama benché i numeri fossero decisamente piu’ limitati e, aspetto cruciale, l’integrazione ben lontana da quel rapporto simbiotico iPhone/iPhone Store che invece a Cupertino stavano definendo nell’anno “sabbatico” (2009/2010).

Per comprendere a fondo genesi ed evoluzione di quello che sarà l’App Store (in quanto dedicato anche ai tablet…), è opportuno fissare alcuni paletti:

  • Sull’App Store al momento ci sono circa 650 mila applicazioni e nonostante il valore sia da Guiness dei primati, il numero di download delle 200 applicazioni  piu’ popolari negli ultimi hanno ha subito un brusco cambio di tendenza, passando (la finestra temporale è relativa a due anni fa) da un valore pari a 15.4 milioni di download del 2010 a 8.4 milioni di download dell’anno in corso;
  • Gli Stati Uniti d’America fin dal lancio sono stati lo zoccolo duro di Apple, la Fort  Knox sia in termine di vendite, sia di download e preferenze ma rispetto a 2 anni fa i numeri si sono decisamente assottigliati e stiamo parlando di un mercato che genera, da solo, circa il 26% dei download gratuiti su scala mondiale (tra gli altri Paesi nella Top Ten troviamo: Cina, Giappone, Regno Unito, Germania, Francia, Canada, Italia, Australia e Corea del Sud);
  • Gli App Store nel corso degli anni hanno piantato tenda in gran parte dei Paesi sul globo (la lista aggiornata è consultabile qui) il che ha permesso non solo di raggiungere, in modo capillare, quegli utenti non proprio avvezzi alla lingua dell’Albione ma anche di solleticare l’interesse degli sviluppatori che in Paesi in via di sviluppo hanno trovato nel market di Cupertino un’occasione unica per “mostrarsi al mondo” e… guadagnare qualcosa.
  • Il potenziale di crescita per gli sviluppatori è passato da 7.7 milioni di due anni fa agli attuali 16.8 milioni di download giornalieri (il solo Instagram, sempre da dati Distmo, registra 100.000 download giornalieri…)  basandoci sempre sulla lista delle 200 applicazioni piu’ popolari stilata nei singoli paesi: a fronte di tali numeri, però, il prezzo medio delle applicazioni a pagamento è sceso del 16% determinando, in linea di massima, una contrazione delle entrate allo sviluppatore pari al 5 percento.
  •  Nell’ottica invece delle entrate generali, prendendo a campione le 100 applicazioni piu’ gettonate in tutti i Paesi, si è registrato un tasso di crescita del 300% dovuto alla diffusione degli acquisti in-App che hanno permesso di portare nuova linfa vitale in uno store che se inizialmente era l’unico protagonista della scena, vedeva ora stagliarsi all’orizzonte competitor agguerriti, capeggiati dal nemico di sempre, Google, con il suo “Google Play“, al secolo Market.
  • Il passaggio a forme remunerative di tipo in-App ha definito il nuovo corso dell’App Store: a fare la differenza sono stati i giochi fin dalle battute iniziali, tanto che circa  il 21% di quelli gratuiti hanno modo di far acquistare al giocatore add-on direttamente durante le sessioni di gioco e la lista delle 300 App gratuite per ogni categoria (sempre riferendoci al mercato americano) rivela che il 77% è costituita da titoli che implementano al loro interno questa modalità di pagamento.

Nel grafico a seguire sono condensati gli ultimi due anni di vita dell’Apple App Store, con in ascissa il periodo, suddiviso in trimestri, in ordinata il numero di App scaricate e “fattore esterno” al trend delle due curve, dedicate all’iPhone (rossa) e all’iPad (bianca) gli eventi che, direttamente o per riflesso, hanno influenzato non solo la politica di marketing di Cupertino ma anche le preferenze degli utilizzatori.

Prima che venisse commercializzato l’iPad, il numero massimo di App disponibili (2010) era di circa 250 mila ed in costante crescita ma la distribuzione del tablet di Cupertino ha fatto da vero e proprio volano, con un’iniezione di nuove App (dedicate e “universali”), tale da portare nel giro di una manciata di anni tale valore a 650 mila (rilevazione giugno 2012) di cui 567 specifiche per iPhone e 236 mila concepite per iPad. I numeri però non sono del tutto veritieri perché in realtà sarebbero molte di piu’ le applicazioni (e giochi) che hanno fatto capolino sullo Store ma la scure di Apple si è mostrata inflessibile nei riguardi di coloro che uscivano fuori dai binari delle sue guideline o che nei contenuti toccassero temi sensibili a particolari Paesi, determinando la rimozione di 334 mila applicazioni nel corso di questi 4 anni. Con la diffusione della sezione eBook, fa notare Distimo, le rimozioni sono aumentate in modo vertiginoso tanto che solo il mese di giugno 2012 ne ha registrate ben 10.000.

In-App Purchase… Apple ha stravolto, rivoluzionato, il modo di fare acquisti sull’App Store permettendo agli sviluppatori di inserire all’interno delle proprie App contenti extra acquistabili dall’utente via micro-pagamenti. Per l’utente finale i vantaggi sono riassumibili nei punti a seguire:

  • Maggiore longevità, soprattutto per i giochi perché è possibile, ad esempio, comprare livelli aggiuntivi, missioni speciali, oppure add-on quali nuovi armi o gadget negli FPS (il genere piu’ gettonato);
  • Nel caso delle applicazioni di tipo modulari è l’utente stesso a scegliere, ed acquistare, quali componenti voler integrare alla versione in suo possesso senza dover acquistare un aggiornamento a prezzo pieno;
  • Applicazioni e giochi hanno avuto una netta riduzione di prezzo e molte addirittura sono state rilasciate gratuitamente proprio per incentivare alla prova (ed eventuale acquisto ma… in-game);
  • Un’App allestita con acquisti di tipo in-App ha un costo complessivamente inferiore di una completa di cui è probabile che non si sfrutterebbero mai tutte le funzionalità.
Sul versante sviluppatori, invece, Apple ha giocato le sue carte cercando di evitare la fuga verso altre piattaforme (Android…):
  • Con maggiori guadagni, garantiti con la possibilità di acquistare contenuti extra direttamente nel gioco;
  • Renderendo obsoleto lo schema di rilasci multipli, ovvero “applicazione completa” (a pagamento) e lite (gratuita) che benché utile per diffondere il programma o gioco spesso si rivelava un’arma a doppio taglio, in quanto esauriti i livelli forniti l’utente non comprava l’App completa ma li rigiocava…
  • Applicazioni immesse sul mercato ad un prezzo superiore a quello “di norma” (0,99 euro) non perché lo sviluppatore volesse lucrarci ma poiché corrispondenti al reale impegno e alla validità dell’App, spesso venivano del tutto ignorate in quanto, appunto, costose.
Il modello è risultato vincente come attestato dal grafico a seguire:
che tuttavia va interpretato: le 530 mila applicazioni disponibili per iPhone sono scaricate in media da meno utenti rispetto al periodo in cui ci fu l’exploit, corrispondente a giugno 2010 (ci riferiamo sempre al mercato statunitense) ed in particolare l’ampia offerta ha determinato un vero e proprio tracollo delle 200 piu’ popolari perché pur allargandosi la base degli utenti, la rosa delle “alternative” ha avuto la meglio. Non bisogna lasciarsi ingannare dal valore registrato nel dicembre 2011: il Natale è un periodo a sé che non può essere preso in considerazione con finestre temporali annuali, in quanto foriero di “spese folli”, di entusiasmo illusorio (l’anno che verrà sarà migliore…) e di piccoli “strappi” che ci si concede proprio in tali occasioni.
 Non di solo USA vive l’App Store… Il suolo statunitense resta il terreno di caccia prediletto di Apple ma i nuovi mercati emergenti hanno mostrato come con una buona campagna di marketing e le opportune attenzioni, sia possibile fare business, ad alto livello, anche su altri lidi. L’App Store piu’ di ogni altro mercato virtuale ha mostrato come non esistono al giorno d’oggi barriere nella distribuzione, come l’era del “global market” sia una realtà di fatto, inconfutabile ed ineluttabile, come sviluppatori sconosciuti possano far sentire la loro voce ovunque nel mondo, mostrare il proprio genio creativo senza doversi svendere al miglior offerente e mantenendo la paternità di quanto creato. Il mondo affrescato nelle due immagini mostra come nell’arco di 2 anni gli States abbiano assunto un’importanza in costante calo…
… nelle proporzioni di un’economia planetaria…
basti pensare che, volendo tirare in ballo qualche numero, due anni fa gli USA da soli pesavano per il 38% delle 200 applicazioni gratuite piu’ scaricate mentre oggi il valore è sceso al 26 percento. Il motivo? Paesi emergenti e per l’esattezza le regioni asiatiche che si stanno aprendo alla nostra cultura, come del resto rispecchiato dalla Top Ten dei Paesi che registrano il maggior numero download (il paniere è il solito, le 200 App gratuite piu’ gettonate): Stati Uniti, a guidare la classica ma subito a ridosso Cina e Giappone seguite dai paesi del Vecchio Continente (Regno Unito, Germania, Francia), un blitz del Canada, la nostra penisola, l’Italia, l’Australia e per finire la Corea del Sud.
I valori sono un pò forzati perché non prendono in considerazione che alcune App non hanno una versione localizzata per il Paese in cui sono distribuite quindi se per ogni App fosse presente una versione nella lingua in cui è distribuita, probabilmente i dati di download sarebbero differenti… questo naturalmente in linea di massima e per dovere di cronaca in quanto App come Angry Birds hanno dimostrato che le barriere linguistiche lasciano il tempo che trovano dinanzi ad un gameplay croccante ed immediato (ma sicuramente per titoli non  “casual” come le avventure grafiche o i GDR si tratta di una barriera non da poco…).
Concludiamo la disanima con due grafici dedicati al modo in cui gli acquisti In-App hanno stravolto il modo di sviluppare e distribuire App sullo store:
A giugno 2010 il 71% delle applicazioni nella Top 100 sono di tipo commerciali, il 22% commerciali con possibilità di fare acquisti in-App e un modestissimo 7% di tipo gratuito con supporto In-App: guardando ai nostri giorni, invece, lo scenario è radicalmente cambiato: il 68% è costituito da applicazioni gratuite con In-App, il 16%, valore addirittura contratto, di applicazioni commerciali (quindi con una base da acquistare…) e un irrisorio 16% di applicazioni (e giochi naturalmente) da acquistare a prezzo pieno sprovviste del supporto In-App.
La ripartizione per categorie invece, vede il netto dominio di giochi e applicativi dedicati a news o attinenti il mondo dell’informazione (giornali, magazine, quotidiani, …):
E la concorrenza? Segue la via tracciata da Apple, con risultati notevoli da parte di Google, altalenanti da Microsoft (ma secondo alcuni analisti nei prossimi anni dovrebbe esserci un vero e proprio boom del suo OS WP), e un futuro/non futuro per il BlackBerry App World, affidato ad un OS 10 che molti vedono morto sul nascere.
Il mondo dell’informatica è altamente selettivo, spietato e talvolta irriconoscente nei confronti di compagnie che tanto hanno contribuito a renderlo come oggi lo conosciamo ma non si può nulla contro il progresso o… siamo noi stessi che, pur lamentandoci di come stiano andando le cose, non vogliamo, e nel nostro piccolo non desideriamo, che seguano un corso differente?
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