Continua a far discutere l’equo compenso voluto dal Ministro Franceschini su pressione della SIAE. La tariffa “per la copia privata”, che nei sogni dei politici sarebbe stata pagata dalle aziende, in realtà cadrà sui consumatori finali, come dimostra l’aumento dei prezzi attuato da Apple su tutti i dispositivi colpiti da questo “compenso”. Se non bastasse ieri, con un comunicato a dir poco sorprendente, la SIAE ha attaccato l’azienda di Cupertino con una provocazione molto netta.
Leggiamo subito il comunicato ufficiale pubblicato ieri dalla SIAE:
La SIAE prende atto con rammarico dell’incremento dei prezzi dei dispositivi Apple, fatto che dimostra ancora una volta come la multinazionale americana abbia come unico obiettivo quello di aumentare i propri profitti attraverso la discriminazione dei consumatori italiani rispetto a quelli degli altri Paesi europei dove, pur in presenza di una copia privata più elevata, i prezzi restano notevolmente più bassi, come risulta palese dalla tabella allegata. La SIAE inoltre reagirà con determinazione rispetto alla proditoria indicazione “tassa sul copyright”, utilizzata da Apple.
Inoltre, per dimostrare la scorrettezza del colosso americano, la SIAE si riserva di vendere in Italia iPhone ai prezzi francesi, favorendo così i consumatori ed evitandone l’ingiustificata depredazione decisa dall’azienda di Cupertino.
La SIAE invita, infine, tutte le associazioni dei consumatori a unirsi alla Società per difendere i consumatori italiani e la cultura del nostro Paese.
Ricordiamo che l’equo compenso è un contributo imposto ai produttori e agli importatori di prodotti elettronici finalizzati alla riproduzione o alla registrazione di contenuti creativi come indennizzo sull’utilizzo e la copia privata delle opere protette da diritto d’autore. Il ministro aveva assicurato che il compenso sarebbe stato pagato dalle aziende, e che mai sarebbe ricaduto sui consumatori.
Di fatto le cose non stanno così visto che Apple, come tante altre aziende che vendono i dispositivi colpiti da questa imposta, ha aumentato i prezzi di iPhone, iPad e Mac. In pratica, Apple fa pagare agli utenti questa nuova tassa che riguarda tutti i dispositivi tecnologici dotati di memoria interna: l’iPhone da 16GB costa 3,78€ in più, il modello da 32GB ora costa 4,76€ in più, mentre quello da 64GB costa 5,25€ in più. Aumenti simili riguardano anche gli iPhone 5c e gli iPhone 4s in listino, oltre che gli iPad e i Mac.
Ma per la SIAE è Apple ad averne approfittato, ed è Apple che deve passare come il grande nemico dei consumatori. Riprendendo un tweet pubblicato dal Ministro Franceschini (immagine in basso), la SIAE afferma che in altri paesi dove vige la “copia privata” i prezzi degli iPhone non sono aumentati e, anzi, sono nettamente più bassi rispetto all’Italia. Tra questi paesi elencati c’è erroneamente anche la Germania, dove non esiste alcuna tassa sulla “copia privata”. E peccato che in tutti quei paesi le aziende non sono costrette a pagare tutte le tasse che ci sono in Italia. Forse non sanno che tutte le multinazionali hanno dei costi e dei ricavi, e che anche 2€ in larga scala possono fare la differenza. Se uno stato aumenta le tasse, per altro già molto alte, solo un sognatore poteva pensare che le multinazionali se ne sarebbero fatte carico allegramente.
Nel comunicato c’è poi una provocazione non da poco: Apple viene definita “scorretta” e per questo la stessa SIAE inizierà a vendere in Italia gli iPhone a prezzi francesi.
Quella della SIAE dovrebbe essere una semplice provocazione, perchè non si capisce come potrà mai vendere ai consumatori questi nuovi iPhone “a prezzi francesi“. Stiamo pur sempre parlando della Società Italiana degli Autori ed Editori e non di Amazon. Come saranno acquistati gli iPhone? Dove? E come saranno distribuiti?
Domande a cui probabilmente non avremo mai risposta, visto che la SIAE non attuerà mai quella che, ripetiamo, dovrebbe essere solo una provocazione.
Alla fine di questo teatrino tutto italiano, ovviamente a pagare saranno sempre i consumatori. Abbiamo un Ministro dei Beni Culturali che si preoccupa di promulgare una “tassa” a favore di un ente come la SIAE, e dall’altro c’è la stessa SIAE che presuppone come tutti coloro che acquistano un dispositivo dotato di memoria interna siano ladri o, quanto meno, utilizzino questo dispositivo per ascoltare musica acquistata su CD e simili.
Insomma, gli utenti (ops… le aziende) devono quindi pagare preventivamente per poter ascoltare quei brani anche su altri apparecchi. Peccato che nessuno di questi protagonisti sa che esiste iTunes (se acquisto un brano su iTunes dal mio iPhone, perchè devi farmi pagare la “copia privata”?). E peccato che nessuno pare conosca Spotify.
Forse è ora di aggiornarsi cara SIAE. I grammofoni sono belli, ma ormai non li usa più nessuno.