Avete presente quelle belle dispute tra amici, quando avete posizioni opposte su un particolare argomento? Ecco, questo è quello che è accaduto tra me e Andrea Cervone sul film “Steve Jobs” ora nelle sale italiane: a me è piaciuto molto, a lui per niente. Questa è la mia recensione…
Lo ammetto, non ho mai fatto una recensione di un film se non due anni fa per il pessimo JOBS con Ashton Kutcher, quindi chiedo perdono se non entrerò in tecnicismi e definizioni cinematografiche. Amo il cinema, divoro decine di film al mese, ma non sono certo un esperto. Ora voglio solo parlarvi di cosa questo film mi ha trasmesso e se vale la pena andarlo a vedere.
Diciamolo subito: “Steve Jobs” non è un biopic e non è un documentario sulla vita del co-fondatore di Apple. E menomale, aggiungerei. Di documentari ce ne sono già a decine e molti sono fatti anche bene. Di biopic veri e propri abbiamo già visto il citato JOBS e il risultato è stato deludente. In quell’occasione, scrissi che la sceneggiatura sembrava essere stata presa da Wikipedia, ma senza tutti i dettagli su alcuni aspetti importanti della vita di Steve Jobs. Insomma, per me un film deve trasmettere anche emozioni e non limitarsi a raccontare freddamente la storia di un uomo così complesso e particolare come Jobs. Chi cerca questo, stia lontano dal film appena uscito e vada a vedersi un bel documentario (magari il recente “Steve Jobs: The Man in the Machine“).
Chi, invece, cerca una sceneggiatura scritta in modo magistrale (non a caso Aaron Sorkin ha vinto il Golden Globe per la migliore sceneggiatura), attori di altissimo livello (la somiglianza fisica non è tutto), e una storia che, anche se non strettamente legata agli accadimenti reali, fa capire più di tanti documentari la parte emozionale di Steve Jobs, allora corra subito al cinema. Sì, perchè questo film non racconta la vita di Steve Jobs e le vicende di Apple. Questo film racconta il suo animo, le sue emozioni, i suoi conflitti interiori, il suo rapporto con la figlia (che è anche figurativo, visto che rappresenta tanto altro…), l’origine della sua mania per il controllo (non voglio “spoilerarvi” nulla, ma nel film viene spiegato in modo eccelso), e anche il suo dualismo con vari personaggi che hanno fatto la storia dell’azienda, come John Sculley (bravissimo Jeff Daniels nella parte) e Steve Wozniak (un poco più che sufficiente Seth Rogen).
La sceneggiatura è volutamente di tipo teatrale (come dichiarato sia da Sorkin che dal regista Danny Boyle), divisa in 3 grandi atti che si legano ad altrettante presentazioni di prodotti Apple e NeXT. Jobs è un personaggio di proporzioni schaksperiane, e solo in questo modo può essere riportato in un film senza banalizzarlo. Sorkin descrive il film come un “ritratto impressionista”, che conduce un viaggio completamente diverso dalla biografia ufficiale scritta da Walter Isaacson a cui il film si ispira ma non si basa. Ci sono idee che vengono dalla vita reale, ma il film va considerato un’astrazione. Nel film vedrete diversi eventi – alcuni veri, altri volutamente immaginati – e li comprime all’interno di tre atti, strutturati intorno ai lanci del Macintosh nel 1984, del NeXTcube nel 1988 e dell’ iMac nel 1998.
Ogni atto è da 40 minuti, con dialoghi serrati e mai banali che potrebbero essere facilmente riproposti a teatro. Come ha detto anche il regista, questa non è vita vera, è la versione amplificata della vita vera. La sceneggiatura mostra molto di più del semplice Steve Jobs che conosciamo dai libri e dai documentari, cerca di andare molto più a fondo e ci riesce.
Come lui stesso ha ribadito, Sorkin non è un giornalista che deve fare cronaca, ma uno sceneggiatore che deve fare arte. Per questo, il film è anche soggettivo, un’interpretazione di un uomo così complesso come Jobs. Questo film è un quadro della sua vita, e non una fotografia.
E questo è quello che più ho apprezzato. Finalmente! Un film che cerca di spiegare altre sfaccettature di Steve Jobs, facendoci capire il suo genio, la natura di alcune sue scelte, il complicato rapporto con Lisa e tanto, tanto altro. Il dialogo con Sculley/Daniels è qualcosa di fantastico, che spiega con tante sfaccettature cosa è accaduto quando Jobs venne praticamente buttato fuori dalla sua stessa azienda.
Il dietro le quinte dei vari lanci ci fa capire cosa si prova prima di presentare al mondo il lavoro della tua vita. Il rapporto con Lisa ci svela lo Steve Jobs complesso, quello del “campo di distorsione della realtà“: le scene con la sua primogenita rappresentano il carattere di Steve Jobs e il suo modo di interfacciarsi con le sue creazioni e i suoi amori, umani e tecnologici. Nel film scopriamo anche perchè Jobs voleva avere il controllo su tutto e amava i dettagli, il tutto spiegato con eleganza e originalità.
Insomma, quello che vedrete nel film è una drammatizzazione di alcuni conflitti personali che Jobs aveva nella sua vita, che sono in grado di illustrare il suo carattere e la sua immagine. Da ricordare anche i dialoghi con Wozniak, soprattutto quando i due litigano su quelle che sono le reali capacità di Steve Jobs (non sapeva fare nulla di “tecnologico”, eppure…). Come detto prima, la natura contraddittoria di Jobs è meglio definita dalla dinamica tra lui e la figlia Lisa, che viene descritta nell’arco di 14 anni che mostrano Jobs in tre differenti momenti del suo rapporto con la figlia. Questo è il centro emotivo del film. Lo script è anche esilarante, con una serie di momenti divertenti che rendono il film ancora più interessante, e non mancano momenti dedicati anche ad iPhone e iPad, come punti che rappresentano la lungimiranza di Steve Jobs.
Certo, non mancano i difetti, come ad esempio il fatto che alcuni accadimenti non vengono spiegati e vengono dati come “assodati”: chi non conosce la storia di Apple e di Steve Jobs potrebbe fare fatica a capire alcuni punti. Abbiamo poi 2 ore di film che sono 2 ore di dialoghi, solo dialoghi: preparatevi a rimanere attenti e non aspettatevi scene di incalzante azione durante i lanci dei prodotti, rischiereste di non apprezzare il film. Infine, Michael Fassbender: è vero, lui sta a Steve Jobs come io sto a Brad Pitt, ma la sua prova è stata sensazionale e nettamente superiore a quella di Ashton Kutcher che, invece, fisicamente era molto simile al protagonista. La sua prova è stata elegante, affascinante e molto emotiva. Plauso anche per Kate Winslet, che veste i panni di Joanna Hoffman: la sua figura ci accompagna per tutto il film e sembra quasi l’alter-ego “buono” di Steve Jobs. Potrebbe vincere l’Oscar come migliore attrice non protagonista.
Mi è piaciuta anche la scelta della colonna sonora, che cambia e si rinnova in base ai vari atti (si parte, ad esempio, dai suoni dei primi computer e si arriva alle vere e proprie operette in alcuni dialoghi del secondo atto, fino alla musica più elegante del finale). Non a caso, Steve Jobs si definisce “un direttore d’orchestra“.
Il mio pensiero è questo: rappresentare la figura di Steve Jobs in un film biopic è praticamente impossibile. I documentari riescono a raccontarci la cronaca, e il film JOBS era un documentario (bruttino) girato a mo’ di film. Per rappresentare l’interiorità e la complessità del co-fondatore di Apple c’era bisogno di un grande sceneggiatore e di una storia raccontata in questo modo.
Se JOBS del 2013 era la versione PC di un film su Steve Jobs, finalmente ora abbiamo anche la versione Mac.