Da gennaio, Donald Trump sarà insediato come 45° Presidente degli Stati Uniti, e in tanti si stanno già chiedendo se il neo-eletto prenderà effettivamente i provvedimenti promessi in campagna elettorale per obbligare Apple, e altre multinazionali USA, a portare gran parte della produzione nel paese.
La promessa di Trump, che si inserisce nel suo impegno di “fare nuovamente grande l’America“, è stato accolto con scetticismo da tutti gli esperti di logistica e di produzione di dispositivi elettronici. In effetti, non è un caso che quasi tutte le aziende hardware negli Stati Uniti esternalizzano la loro produzione nelle fabbriche in Cina.
Per quanto riguarda Apple in particolare, Trump ha detto che gli piacerebbe vedere l’azienda di Cupertino produrre gran parte dei suoi dispositivi negli Stati Uniti: “Abbiamo queste persone fantastiche nel nostro paese: intelligenti, acuti, energiche, incredibili. Ho sempre detto di voler fare di nuovo grande l’America, e penso che possiamo farlo davvero. Apple dovrebbe iniziare a costruire i suoi maledetti computer e le altre cose in questo paese, e non all’estero”.
Se queste osservazioni di Trump erano serie, il nuovo Presidente avrà un brusco risveglio quando assumerà ufficialmente il suo incarico. Come ribadito ultimamente anche dal Wall Street Journal, non c’è niente da fare a livello legale e nessuno può obbligare un’azienda americana a portare negli Stati Uniti la produzione di un qualsiasi dispositivo. La realtà è che aziende come Apple hanno esigenze di produzione incredibilmente rigorose, che possono essere soddisfatte solo dalle fabbriche in Cina, molte delle quali sono state realizzate appositamente per rispondere alle esigenze delle aziende tech su larga scala. Per fare un esempio, alcune fabbriche in Cina sono in grado di assumere 35.000 lavoratori in meno di sei settimane per rispondere alle richieste delle multinazionali. Una cosa del genere sarebbe quasi impossibile negli USA. Inoltre, in Cina ci sono tantissimi tecnici specializzati nella produzione di componenti, mentre negli Stati Uniti bisognerebbe creare delle vere e proprie scuole di formazione per arrivare ad un numero sufficiente di candidati competenti.
Un altro esempio riguarda Apple: qualche anno fa, l’azienda ha dovuto cambiare all’ultimo minuto il design dello schermo dell’iPhone. Informato il partner cinese, dopo poco dalla richiesta, di notte sono stati chiamati 8.000 lavoratori che hanno subito iniziato a lavorare al nuovo design per consegnare in tempo il nuovo display. Nel giro di 30 minuti, sono iniziati i turni da 12 ore dedicati interamente a questo componente modificato all’ultimo secondo. Entro 96 ore, l’impianto era già in grado di produrre oltre 10.000 iPhone al giorno.
Tutto questo ignorando il fatto che portare la produzione negli USA farebbe aumentare sensibilmente il costo dell’iPhone e di qualsiasi altro prodotto tecnologico. Insomma, Trump dovrà accontentarsi almeno su questo punto…