L’appellativo più comune per descrivere Steve Jobs è stato quello di “visionario”, una persona capace di anticipare i tempi con le sue idee e la sua visione del mondo. Un concetto spesso, non sempre, confermato dai fatti, come questo aneddoto che risale al 1983.
Prima di raccontarvi quanto accaduto quasi 40 anni fa, è bene ricordare che ci troviamo nei primi anni ’80, una decina di anni prima che internet diventasse un concetto familiare ai più.
Steve Jobs sta parlando alla International Design Conference di Aspen, in Colorado, ha 28 anni e il suo Macintosh sarà svelato solo un anno più tardi. Fu in quell’occasione che il co-fondatore di Apple diede una sua prima idea di quello che sarebbe stato il futuro delle app.
All’epoca, tutti i software venivano distribuiti su unità floppy da 5.25 pollici, un metodo lento e costoso per aziende e consumatori. La soluzione di Steve Jobs? Eccola:
Il software è informazione, e le informazioni sono espresse con un mucchio di uno e di zero. Dovremmo andare verso la direzione di tradurre questa roba elettronicamente sulle linee telefoniche. Quando vogliamo acquistare un software prendiamo i nostri uno e i nostri zero e li passiamo direttamente da un computer all’altro. Questo consentirebbe agli utenti anche di provare il software prima di acquistarlo.
Oggi questo concetto può far sorridere, ma nel 1983 internet era utilizzato solo in ambito militare, America Online sarebbe stata fondata solo due anni dopo e l’idea di e-commerce non era nemmeno in fase embrionale. Malgrado questa situazione, Steve Jobs già immaginava una soluzione ai supporti fisici: trasferire elettronicamente le informazioni dei software.
Alla luce di quanto detto da Jobs nel 1983, è strano pensare che, almeno inizialmente, fu lui a non voler consentire il rilascio di app terze su iPhone da parte di sviluppatori. Le cose cambiarono nel 2008, e da allora l’App Store ha cambiato radicalmente il modo di scaricare e acquistare software.