Quando la privacy (non) è solo questione di marketing

Privacy e Apple, Apple e privacy. Da qualche anno queste due parole viaggiano insieme, perché l’azienda ha sempre riservato la massima attenzione verso la tutela dei dati degli utenti. Uno sforzo confermato dai fatti, anche se negli ultimi giorni è accaduto qualcosa che potrebbe far vacillare queste certezze…

Saprete già del bug di FaceTime, che, durante le chiamate di gruppo, permetteva a chi chiamava di ascoltare il ricevente ancor prima che rispondesse. Un bug che ha costretto Apple a disattivare momentaneamente le chiamate di gruppo su FaceTime, in attesa di trovare una soluzione.

Il bug

Immagina la situazione. Ricevi una chiamata FaceTime da una persona che magari in quel momento non vuoi sentire, esclami un innocuo “Che seccatura!” e poi clicchi sul tasto verde per accettare. Nessun problema, a parte che chi ha chiamato già ti ascoltava ben prima che tu rispondessi.

Bene, questo è solo un esempio semplicissimo di quali erano i rischi, ma nella pratica sappiamo ad esempio che questo bug ha permesso a una persona sconosciuta di ascoltare una conversazione privata tra un avvocato e il suo cliente.

Non si gioca con la privacy

Apple ha fatto della tutela della privacy uno dei suoi cavalli di battaglia, ed è proprio per questo motivo che esporre gli utenti a teli rischi potrebbe avere serie ripercussioni sull’immagine dell’azienda. Una mancanza di attenzione che potrebbe rivelarsi come un autogol, soprattutto dopo che poche settimane fa hai mostrato un cartello gigante a Las Vegas con la scritta “Quello che accade sul tuo iPhone, rimane sul tuo iPhone“. Quel cartellone, oggi, suona come un vero e proprio boomerang.

Attenzione, qui non stiamo parlando del bug vero e proprio. Un errore può capitare, soprattutto quando si parla di sistemi operativi e funzioni formate da milioni di righe di codice. Il punto è che Apple era stata informata del problema già alcune settimane fa, senza però aver fatto nulla per correggerlo o per tutelare gli utenti. Solo quando il bug è diventato di pubblico dominio, Apple si è mossa bloccando le chiamate di gruppo su FaceTime e assicurando una correzione entro pochi giorni.

Perché Apple non ha fatto nulla dopo la prima segnalazione? Difficile dirlo. Per alcuni, e questo è il nocciolo della questione, la privacy per Apple sembra essere più questione di “marketing e pubbliche relazioni” che di altro. Insomma, meglio non far sapere di un bug che spia gli utenti piuttosto che tutelare la loro privacy.

Se Apple avesse subito bloccato le chiamate FaceTime di gruppo, avrebbe anche dovuto spiegare il motivo. Forse, l’azienda sperava di riuscire a correggere il problema prima che venisse a galla, ma così non è stato. Gli utenti sono rimasti in balia di questo bug per due settimane dopo la prima segnalazione. Come mai Apple si è comportata così? Per i più critici, appunto, lo ha fatto per cercare di salvare la faccia, per altri invece è probabile che Apple si sia resa conto della portata del problema solo pochi giorni fa.

Cosa ne pensate?

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