A quasi un mese dal rilascio dell’app Immuni, i risultati non mentono e si può già parlare di piccolo grande flop: 4 milioni di download sono troppo pochi per far sì che l’app sia utile al suo scopo di tracciare i contatti COVID-19. Perché gli italiani sono così diffidenti?
Come riportato da diverse fonti, ad oggi i download dell’app Immuni superano di poco i 4 milioni (4,1 milioni) sommando sia i dati dell’App Store che del Google Play Store. Considerato che gli esperti dicono che queste app sono utili solo se almeno il 20% della popolazione le utilizza (circa 12 milioni di persone in Italia), appare evidente che siamo ben lontani da questo obiettivo.
Eppure, le premesse erano ottime: l’app utilizza le API sicure di Apple e Google, non sfrutta il GPS, condivide il codice sorgente e ha avuto diversi apprezzamenti da esperti di sicurezza e privacy. Insomma, nessun pericolo per i nostri dati e la nostra sicurezza. E, ovviamente, anche il suo scopo è “abbastanza” importante: tracciare le persone positive al COVID-19 per avvisare con una notifica tutti gli utenti che sono entrati in contatto con loro.
Tra l’altro, il boom di download si è registrato solo in concomitanza con il lancio dell’app, quando TV, giornali e media online hanno parlato ampiamente di Immuni e della sua importanza. Dopo, poi, la curva ha iniziato a scendere salvo qualche raro caso legato a focolai comparsi in varie zone d’Italia: in quelle zone, durante la fase critica, molti più utenti hanno scaricato l’app rispetto alla media consolidata dei giorni precedenti.
In Germania, invece, l’app ufficiale scelta dal governo ha già superato i 15 milioni di download, raggiungendo praticamente l’obiettivo minimo del 20% richiesto dagli esperti. Altri paesi come la Francia fanno anche peggio dell’Italia, anche se in quel caso il governo non ha fatto molto per convincere gli utenti ad utilizzare il servizio. Di fatto, Immuni è comunque la seconda app di notifica dell’esposizione più scaricata al mondo dopo quella tedesca.
Secondo il virologo Pierluigi Lopalco, ci sono due motivazioni per spiegare lo scarso utilizzo di Immuni. La prima è che l’app è stata lanciata nel momento sbagliato, quando la fase critica della pandemia in Italia era ormai finita; dall’altra, l’assenza della coesione nazionale davanti ad un rischio così importante. Per quanto riguarda il primo punto, c’è da dire che Immuni è stata una delle prime app di notifica dell’esposizione disponibili su App Store e che il ritardo è stato causato anche dall’attesa delle API di Apple e Google, arrivate solo a inizio giugno.
Inoltre, aggiungiamo noi, c’è ancora molta disinformazione. Basta farsi un giro sui social ed è possibile leggere decine di post contro Immuni perché “ci spia tutti” o “i poteri forti ci vogliono recludere in casa senza motivo“. Frasi che non hanno alcun fondamento, ma che purtroppo sono sulla bocca di milioni di persone. C’è anche chi ne fa una questione politica e non scarica l’app perché “sono contro il governo“.
Una buona notizia, se così si pò definire, è che Immuni è costata praticamente zero ai contribuenti italiani, visto che la ministra Pisani ha confermato che sia la software house Bending Spoons che i partner che si sono occupati della comunicazione hanno lavorato senza richiedere alcun compenso.
Detto questo, e malgrado la pandemia sembra essere superata, in Italia si registrano ancora dei focolai che potrebbero essere monitorati, gestiti e frenati molto meglio se gran parte della popolazione utilizzasse l’app. A quanto pare, è proprio la paura il più grande acceleratore di download per Immuni.
E allora, speriamo che in autunno non ci sia un’impennata di download…