Un interessante articolo da poco comparso su Wired riporta che non solo Apple ma anche Google è interessata a conoscere e registrare i vostri spostamenti tramite il servizio di localizzazione dei dispositivi mobile.
Se quello trovato in iOS sembra essere un bug di sistema che verrà presto corretto con un nuovo aggiornamento del firmware, lo stesso non può ancora dirsi per Android che secondo il Wall Street Journal, che basa le sue affermazioni sulle dichiarazioni di Samy Kamkar, autore del worm che provocò il crash di MySpace nel 2005, ora esperto di sicurezza online.
Secondo Kamkar, un telefono HTC Android raccoglierebbe e trasmetterebbe in pochissimi istanti la posizione dell’utente, l’identificativo del terminale, il nome, il luogo e l’intensità del segnale delle reti WiFi presenti nelle vicinanze. Tuttavia, esattamente come Apple, anche Google aveva comunicato espressamente di riservarsi il diritto di raccogliere informazioni sulla posizione degli utenti al fine di creare enormi mappe delle reti e del traffico, dati che possono essere utilizzati anche per geolocalizzare un particolare dispositivo.
Ma la denuncia di Kamkar va ancora oltre: basando il suo discorso sui tabulati consegnati al Wall Street Journal, l’ex-hacker evidenzia che tramite questi dati Google (e probabilmente anche Apple) potrebbe in qualsiasi momento conoscere la posizione di ogni suo cliente. Queste conclusioni sono state confermate anche da Ashkan Soltani, un consulente indipendente chiamato in causa dal quotidiano.
Ma a cosa potrebbe servire tutto ciò, e perchè aziende come Apple e Google raccolgono dati sull’utilizzo in mobilità dei dispositivi? Wired conclude così:
Se qualcuno si dovesse chiedere a che pro identificare la posizione di un singolo utente, la risposta è presto detta: spillare più denari possibile dal rubinetto dei cosiddetti servizi location-based. Un mercato per ora valutato 2,9 miliardi di dollari ma che, secondo la Gartner, raggiungerà entro il 2014 gli 8,3 miliardi. Non solo offrire pubblicità e servizi mirati a seconda se l’utente è in casa, vicino un determinato locale o in una via piena di negozi, ma anche tracciare nel tempo le abitudini dei clienti, conoscere gusti e abitudini: informazioni che anche molte altre aziende pagherebbero care per avere.
Ideale decisamente distante da quello che George Orwell volle mettere in mostra con il suo “Big Brother” nel 1984.